TFR e privati, il calcolo cambia: i dettagli che fanno la differenza

I dipendenti privati percepiscono il TFR indipendentemente dalle ragioni di cessazione del rapporto lavorativo. Ma non è tutto qui…

L’accantonamento di una somma progressiva destinata alla liquidazione al termine di un rapporto di lavoro. In soldoni, la definizione relativa al Trattamento di Fine rapporto, o TFR.

Tfr dipendenti privati
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Un diritto che sarà ad appannaggio del lavoratore indipendentemente dalla ragione della cessazione della propria attività presso una determinata azienda. In sostanza, si tratti di pensionamento, fine contratto o addirittura licenziamento e dimissioni, il dipendente (configurazione occupazionale indispensabile per la maturazione del TFR) otterrà comunque la propria liquidazione, proprio in quanto il suo importo sarà stato accantonato progressivamente (in cifre mensili) durante tutta l’attività lavorativa. La legislazione in materia parla quindi di retribuzione differita, elargita al termine del rapporto di lavoro indipendentemente dalle ragioni della sua conclusione.

Il riferimento normativo di base è la Legge n. 297/1982, ossia quella che introdusse, più di quarant’anni fa, la misura del TFR in sostituzione dell’indennità di anzianità. Fermo restando che, negli anni, la disciplina vigente ha ampliato il raggio d’azione delle indennità post-lavoro, incentivando progressivamente il ricorso ai fondi pensione come alternativa o strumento parallelo. Con il D. Lgs. 252/2005, infatti, la previdenza complementare è stata sostanzialmente riformata, così da consentire un ricorso semplificato all’accantonamento di somme ai fini previdenziali da affiancare alla maturazione di un Trattamento di fine rapporto. Il quale, a livello normativo, ha ricevuto inoltre il placet per le richieste di anticipo, via via più definite nella loro natura, ad esempio con il D. Lgs. 151 del 2001.

TFR ai dipendenti privati, non solo anticipo: cosa prevede la legge

Nato come una forma di garanzia di sussistenza tra l’interruzione dell’attività lavorativa e il periodo di interregno seguente, i provvedimenti legislativi successivi alla Carta del Lavoro di fine anni Venti hanno ridefinito il concetto standard di “liquidazione”, intendo il TFR come un contributo sommativo piuttosto che sostitutivo. Questo perché a essere modificata è stata la natura stessa dell’indennità, fino a fissarne i termini definitivi (almeno in senso generale) con l’introduzione del Trattamento di fine rapporto. Prestazione che matura negli anni e ottenibile anche qualora il rapporto lavorativo si interrompesse per il raggiungimento dell’età pensionabile. La disciplina stessa in materia prevede che “il prestatore di lavoro ha diritto a un trattamento di fine rapporto”, a prescindere dalle ragioni della cessazione del rapporto di lavoro subordinato. Questo perché, a far fede, saranno gli anni di servizio prestati.

Il calcolo

Per quanto riguarda gli accantonamenti, la somma finale (o l’anticipo, se giustificato secondo normativa) sarà erogata dal datore di lavoro, tenuto all’obbligo dalla disciplina di riferimento e con tanto di responsabilità civile in caso di inadempienza. In casi (estremi) di persistenza della situazione di inadempienza, il lavoratore potrà accedere al fondo di garanzia INPS per il recupero della somma dovuta. Il cui calcolo è regolato sulla base delle quote accantonate per ogni anno lavorativo. Le quali, a ogni modo, dovranno essere pari o inferiori alla retribuzione annua divisa per 13,5 (ossia il numero convenzionale delle mensilità, indipendentemente dalla percezione di tredicesima e quattordicesima). Ad esempio, qualora un dipendente percepisse una retribuzione annua di 20 mila euro, andrà a maturare un accantonamento costante di 1.481,48 euro mensili. Importo al quale andrà però sottratta la percentuale destinata all’Inps, pari allo 0,5%. La differenza costituirà l’importo finale del TFR.

L’alternativa

Come detto, la legge prevede l’inclusione nel quadro del TFR di tutti quei dipendenti che rispondano ai requisiti del lavoro subordinato e prestato nel settore privato. Anche se, a determinate condizioni, anche i lavoratori del settore pubblico possono accedere all’indennità (mentre per tutti gli altri resta la possibilità del TFS). Ai dipendenti privati, è concessa la possibilità di destinare il proprio Trattamento ai cosiddetti fondi pensione, così da aderire alla previdenza complementare disposta dalla riforma del D. Lgs. 252/2005. Nella quale è previsto che, entro 6 mesi dalla data di assunzione, il dipendente possa richiedere l’adesione ai fondi complementari destinandovi le quote del TFR. In alternativa, gli accantonamenti saranno lasciati in azienda.

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