Deducibilità fiscale, quando (e perché) conviene la pensione integrativa

La pensione integrativa sembra la soluzione migliore per potenziare le proprie strategie previdenziali. Il risparmio è sull’Irpef.

Pensione integrativa e deducibilità fiscale vanno a braccetto. In effetti, la seconda è il diretto vantaggio concesso dalla prima. Una delle tante strategie di accomodamento per ottenere il massimo possibile dalla chiusura del proprio ciclo lavorativo.

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Tutto sta nel capire quando e come l’applicazione del calcolo possa essere conveniente. Innanzitutto, va ricordato il presupposto base, ossia l’iscrizione del soggetto richiedente a un fondo pensione in grado di generare importanti incentivi fiscali. Una mossa pensata dallo Stato proprio per favorire l’adesione alla pensione integrativa da accorpare a quella pubblica, di fatto ottenendo un’unica soluzione pensionistica che, attualmente, poggia su un limite di deducibilità fissato a 5.164,57 euro. Un tetto piuttosto elevato, riferito chiaramente ai contributi versati passabili in deduzione. Una strategia che consentirebbe di depennare l’imponibile fiscale a fini Irpef. Senza contare che i versamenti verranno sottratti dal reddito dichiarato prima dell’applicazione dell’aliquota progressiva prevista.

Il beneficio fiscale è quindi abbastanza evidente, trattandosi in buona sostanza di un imponente sgravio sulle imposte. La Legge di Bilancio 2022 ha fissato l’attuale limite di deducibilità, introdotto a partire dall’1 gennaio 2022, con quattro scaglioni di reddito e nuove aliquote progressive previste. Con il 2023, infatti, la previdenza integrativa non è cambiata e si potrà proseguire con una deduzione Irpef pari a 5.164,57 euro annui. Resta comunque la regola base dell’Irpef, riferita all’anno solare precedente rispetto a quello in cui la dichiarazione dei redditi è stata presentata.

Deducibilità fiscale e pensione integrativa: gli scaglioni in vigore

Al momento, gli scaglioni di reddito vigenti sono cinque. Incluso il nuovo step introdotto nel 2022, che ha elevato il numero precedentemente previsto (4). È stato tuttavia cancellata la precedente aliquota del 41%, con rimodulazione prevista delle soglie con riduzione al 25% di quella che, in precedenza, figurava come aliquota al 27%, prevista sulle somme tra 15 mila e 28 mila euro. Le altre aliquote:

  • 35% sugli importi compresi fra 28.001 e 50 mila euro;
  • 43% per lo scaglione di reddito per chi detiene un reddito da 50.001 euro in su (in precedenza il limite era fissato a 75 mila euro).

Al momento, l’apertura di un fondo valido per una pensione integrativa vale a maggior ragione per i lavoratori che hanno già superato i 40 anni di età. Un’ulteriore possibilità è data dall’occasione di investire il proprio Tfr su un fondo pensione. Per il resto, anche gli altri lavoratori potranno prendere in considerazione l’ipotesi, tenendo presente che l’eventuale apertura di un fondo permetterebbe un piano di deducibilità volto a un risparmio sensibile in termini di tassazione. Si tratta, chiaramente, di contributi aggiuntivi versati annualmente, con aliquote applicate su una base reddituale inferiore. Inoltre, quanto eccederà non verrà dedotto, godrà di un’esenzione fiscale al momento dell’erogazione.

Fondi pensione e Rita

L’applicazione dell’Irpef resta legata ai vecchi scaglioni, introdotti con la riforma del 2022. La deducibilità deriva dal reddito imponibile. Ad esempio, su una base di 24 mila euro al lordo, considerando i periodi di tassazione, l’aliquota applicata sarebbe per la maggior parte quella del primo scaglione e, in misura minore, del secondo, con imposte Irpef fissate a 5.700 euro. È interessante notare come alcune aziende abbiano iniziato a sposare l’iniziativa fiscale, rafforzando le misure dei congedi parentali e i contributi una tantum per la stessa pensione integrativa. Enel ad esempio, sulla base del nuovo contratto firmato con i sindacati, lo riserva a i figli dei dipendenti fra 0 e 3 anni. In generale, per i congedi parentali straordinari retribuiti, resta valido il requisito della convivenza. Per restare al tema della pensione, l’integrazione tramite fondo potrebbe poggiare anche sulla cosiddetta Rendita Integrativa Temporanea Anticipata (Rita). Il lavoratore, infatti, potrebbe accedere al trattamento anticipato anche in presenza di un fondo, per la conversione in rendita dei cinque anni mancanti alla pensione di vecchiaia.

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