Nonostante le difficoltà economiche, pagare l’affitto di casa è un dovere. Chi non lo fa corre rischi davvero grossi.
Il carovita attuale e le bollette alle stelle stanno mettendo in ginocchio un po’ tutti. Ma attenzione a non saltare le mensilità dell’affitto perché potreste correre guai seri. Vediamo la situazione nei dettagli.
La rata mensile dell’affitto è una delle voci di spesa che impatta maggiormente sul bilancio di una famiglia. Nonostante i vari bonus messi in campo dal Governo Meloni per sostenere le fasce reddituali più basse, molti nuclei familiari non riescono più a pagare quanto devono al proprietario di casa. Il rischio che si corre è quello di venire sfrattati. E, una volta ricevuto lo sfratto per mancato pagamento, non è sicuramente facile trovare qualcuno disposto ad affittarci un appartamento.
Tuttavia, prima di arrivare allo sfratto, ci sono diversi passaggi intermedi che agevolano il debitore. Per prima cosa la legge impone al proprietario di casa un termine di tolleranza pari a 20 giorni dalla scadenza contrattuale. Questo significa che l’affittuario può pagare il canone fino a 20 giorni dopo rispetto alla data concordata per il pagamento senza subire alcuna conseguenza. Oltre questo termine, però, si corrono rischi seri.
Affitto: cosa rischia chi non paga
Come visto un affittuario può pagare l’affitto al massimo entro 20 giorni dopo la scadenza fissata nel contratto. Già a partire dal 21esimo giorno, il locatario- cioè il padrone di casa – può agire legalmente per sbatterlo fuori. Per quanto riguarda le spese condominiali, invece, il termine di tolleranza è pari a 60 giorni dalla richiesta di pagamento e lo sfratto può essere richiesto soltanto se vengono saltate almeno 2 mensilità.
Se non si trova una soluzione e non si riesce a pagare quanto dovuto, oltre allo sfratto (come nel caso degli anziani), l’inquilino moroso dovrà saldare anche tutte le mensilità di affitto non corrisposte. Se non lo farà il proprietario dell’immobile potrà chiedere il pignoramento di tutti i beni intestati al debitore, compresi stipendi e pensioni. Prima di arrivare a questo scenario apocalittico, però, ci sono diversi passaggi intermedi. Il padrone di casa, solitamente, invia all’inquilino una lettera di diffida, nella quale si richiede il pagamento delle morosità entro un certo termine, oltre il quale si procederà giudizialmente.
Il primo passaggio per lo sfratto è dunque la citazione in giudizio dell’inquilino che dovrà presentarsi all’udienza fissata a riguardo dal Tribunale di competenza nel luogo in cui si trova l’immobile. Se l’inquilino pensa, in qualche modo, di riuscire a saldare il suo debito, può chiedere 90 giorni di tempo e bloccare temporaneamente la procedura di sfratto. Se, invece, l’inquilino non si presenta o si presenta ma non presenta opposizione, allora il giudice prosegue con lo sfratto esecutivo.
Una volta emessa sentenza di sfratto esecutivo, il conduttore deve lasciare la casa entro 10 giorni. Se non lo farà interverrà un ufficiale giudiziario per lo sfratto coatto. Lo sfratto è possibile anche in presenza di minori o disabili, anche se cambiano le tempistiche e i modi. In caso di minori, vengono fatti intervenire gli assistenti sociali mentre in caso di disabili, prima dello sfratto coatto, si lascia il tempo agli inquilini di trovare un’altra sistemazione.