Ennesimo pericolo per la privacy: molti produttori di domotica vanno ben oltre le norme. Così gli elettrodomestici spiano gli utenti.
Privacy, questa parola ormai sconosciuta. O meglio, cosa dovrebbe essere si sa, il problema è che viene ampiamente messa in discussione da quest’era tech, votata all’Intelligenza Artificiale, alla domotica, a qualsiasi dispositivo che in teoria ci dovrebbe permettere di facilitare la nostra vita.
Quando acquistiamo un dispositivo e ci registriamo, già lì rischiamo tantissimo con l’immissione dei nostri dati: i consumatori conoscono bene l’idea di cederli ai produttori, più o meno top, nel momento in cui selezionano una casella durante la configurazione di un articolo, di domotica soprattutto, un mercato in grande espansione, con una casa sempre più zeppa di dispositivi intelligenti: luci che si spengono con la voce e un Assistente, frigoriferi intelligenti, telecamere e quant’altro. Ci affidiamo alle norme, convinti che ci proteggano. Illusi.
Ai sensi del regolamento generale sulla protezione dei dati (GDPR), le aziende devono essere trasparenti riguardo ciò che raccolgono e al modo in cui vengono elaborati: tutto limitato al necessario in tema del trattamento di dati. Ahinoi, dovrebbe essere così, ma non lo è.
Oltre le norme: domotica, un’arma a doppio taglio. Così ti spiano
Lo dice a chiare lettere l’ultimo report, evidenziato dalla maggior parte dei media italiani e internazionali. È stato rivelato che i dispositivi di uso quotidiano come gli altoparlanti intelligenti, le videocamere dei campanelli, i televisori e perfino lavatrici e frigoriferi spiano le famiglie. La ricerca, infatti, mostra che i servizi domestici standard raccolgono e condividono informazioni private che finiscono nelle mani di grandi (o piccole) aziende tecnologiche come Google, Amazon, Meta e TikTok. Solo alcuni esempi.
L’indagine pone più di un dubbio su come le aziende trattino e utilizzino le informazioni, per indirizzare, le persone con pubblicità su smartphone e altri dispositivi. Quello il primo campanello d’allarme. Il problema è lo sconfinamento della norma del trattamento dei dati, ben oltre il necessario. I prodotti per la casa intelligente Google Nest, che includono telecamere di sicurezza, altoparlanti intelligenti, videocamere per campanelli, sistemi di controllo del riscaldamento, raccolgono un’enorme quantità di informazioni sulla posizione delle persone che si connettono tramite smartphone, utilizzando il sistema operativo Android prevaricando lo stretto necessario dell’utilizzo dei dati forniti obbligatoriamente dai consumatori.
Fosse solo Google Nest il problema, la soluzione sarebbe di facile comprendonio. Ma un po’ tutte fanno il bello e il cattivo tempo: gli altoparlanti intelligenti dovrebbero ascoltare solo quando lo desideri, ma non è sempre così, basta pernsare agli altoparlanti intelligenti Bose che condividono i dati degli utenti con Meta. Ogni singolo marchio di videocamere e campanelli intelligenti ha utilizzato i servizi di tracciamento di Google, mentre Blink e Ring si sono collegati anche alla società madre Amazon. La domotica è tutta così. Tutto (in termini di vantaggi) e il suo esatto contrario, in termini di una privacy praticamente inesistente. Tant’è.