L’hackeraggio di ChatGPT ha fatto clamore sì, ma direttamente proporzionale all’ultima sua impresa, su un computer degli anni ’90.
La recente scoperta del noto Group-IB riguardo a oltre 100.000 account ChatGPT compromessi i cui dati si stanno vendendo sul Dark Web, ha certamente mostrato per l’ennesima volta il dilagante fenomeno degli attacchi hacker, da due anni a questa parte una spina nel fianco quotidiana.
Quasi inevitabile che gli account del chatbot di OpenAi, grande protagonista di questo 2023, fossero oggetto del desiderio dei cyber-criminali, visto il clamore che ha saputo suscitare l’evoluzione del bot di Sam Altman. L’India il paese più colpito con 12632 account compromessi, seguita da Pakistan (9217) e Brasile (6531), Vietnam, Egitto, Stati Uniti, Francia, Marocco, Indonesia e Bangladesh seguono.
Non c’è l’Italia, ma attenzione: il Garante è da poco che ha permesso la disponibilità di ChatGPT in Italia, dopo i noti problemi rilevati a livello di sicurezza e privacy. Quindi bisognerà aspettare prima di tirare le somme e riflettere sulla sicurezza di questo chatbot.
ChatGPT su PC anni ’90 oscura gli ultimi problemi alla sicurezza
Certamente un brutto colpo per OpenAI, ma fino a un certo punto, l’eco dell’ultima impresa di ChatGPT lo ha fatto tornare in auge e ha coperto questo problema. L’esperimento su un computer degli anni ’90, ha funzionato alla grande. La bizzarra idea, a conti fatti geniale, è venuta in mente a un utente di Hacker News, il cui nickname è “dialupdotnet“.
Si è chiesto come sarebbe usare un chatbot sul suo Gateway 4DX2-66 del 1993 e ha implementato un assistente AI per Windows 3.1, basato su ChatGPT. Così è nato WinGPT, un nome azzeccatissimo a quanto pare: la versione personalizzata del celeberrimo modello di linguaggio di grandi dimensioni, la cui interfaccia è stata collegato al server OpenAI.
Dialupdotnet spiega molto dettagliatamente il suo esperimento, dicendo di aver utilizzato codice C grezzo con l’API di Windows e la selezione limitata di controlli di un software così vecchio. Uno dei maggiori problemi che l’utente ha dovuto risolvere era data dalla memoria del computer, a 16 bit. Così “dialupdotnet” ha iniziato a ridurre la quantità di memoria richiesta da WinGPT.
Chiedendo poi al suo sistema di mantenere le sue risposte il più brevi possibili e di non collegarle a messaggi precedenti nella conversazione. Così il creatore di WinGPT ha condiviso il suo codice assicurando che non funziona soltanto con un computer con il sistema operativo Windows 3.1.
Inizialmente, infatti, assicura che può essere eseguito anche su qualsiasi Windows a 16 o 32 bit, successivo alla versione 3.1. Sui sistemi a 64 bit, invece, l’esperimento non è andato a buon fine, visto che ha fatto cilecca ma fino a un certo punto dal momento che si sarebbe dovuto eseguire tramite Wine.