E’ bastato un messaggio social, di quelli credibili per generare il panico tra gli utenti di TikTok, che chiude il 28 luglio. O forse no?
Ciò che gli antichi romani racchiudevano negli annunci urbi et orbi, nel terzo millennio è ormai, incredibile a dirsi, un semplice post social. Su TikTok ha una conseguenza maggiore rispetto ai social targati Mark Zuckerberg, semplicemente perché il colosso cinese non ha ancora eguali tra i suoi simili.
Un post, quello sulla chiusura di TikTok tradotto innanzitutto in tutte le lingue, che ha generato milioni di commenti, inquietando gli stati d’animo di molti utenti, sintetizzati in miliardi di emoji, quasi tutti choccanti.
Il motivo riguarda la possibile chiusura del social, con tanto di data certa, o presunta tale, identificata nel 28 luglio.
Closing time
608.8K di visualizzazioni in brevissimo tempo, non si contato i commenti e le condivisioni sotto a quel post condiviso e diventano virale, che comincia così: “TikTok closing July 28”. Il post, scritto originariamente in inglese è stato tradotto in italiano”: “Cari utenti, TikTok sarà chiuso il 28 luglio 2023 perché è pieno – si legge, traducendo in italiano – molti membri si sono lamentati del fatto che TikTok sia troppo lento. Ciò dimostra che ci sono molti membri attivi e molti nuovi membri nel conflitto. Se sei attivo, copia e incolla il messaggio ad altri 15 utenti per dimostrare che sei attivo. Chi non invierà questo messaggio entro due settimane verrà rimosso senza esitazione per avere più spazio”. Panico totale prima, un po’ di razionalità poi.
Un panico con cognizione di causa, in quanto inserito in un contesto storico nel quale si è tornato a parlare, ovviamente in primis dagli Stati Uniti ma anche da più parti, di un nuovo ban in arrivo per TikTok, in quanto sfrutterebbe dati sensibili, in favore chiaramente del governo. Shaw Zi Qiu, CEO del social cinese, ostenta fiducia e ottimismo sul fatto che non ci sarà nessun ban, ma intanto non ha ancora chiarito la sua posizione davanti al Congresso degli Stati Uniti. Non solo.
A prescindere da questa storia più che altro politica, agli utenti interessa che il social cinese non venga chiuso il 28 luglio. Ma così non sarà. E qui che entra in campo la razionalità. Si è scoperto, infatti, che anche nel terzo millennio, quel sistema per propagare un messaggio inducendo il destinatario a produrne molteplici copie da spedire a propria volta a nuovi destinatari, la famigerata catena di Sant’Antonio si è trasformata in una sorta di meme, traslocando dagli sms dei primi cellulari (dove pullulava) ai social. E quando si parla di social il primo nome a cui si pensa non può essere che TikTok. Ebbene sì la catena di Sant’Antonio esiste ancora.