Pensionati, previsti aumenti a marzo 2023? La risposta dell’Inps da speranza

L’Inps comunica l’inizio delle rivalutazioni anche per gli importi superiori a quattro volte il minimo. Ecco come si applica la perequazione.

Tutto pronto per i conguagli. Marzo sarà il mese buono per ottenere i frutti della rivalutazione degli assegni pensionistici, pervista sulla base dell’indice di perequazione.

Rivalutazione pensioni
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Una procedura ampiamente annunciata, anche perché imbastita annualmente per adeguare gli importi percepiti alla capacità di spesa dei contribuenti. La quale, quest’anno, è stata fortemente condizionata dai più alti livelli di inflazione degli ultimi decenni. La rivalutazione (con adeguamento) degli assegni, in sostanza, si presenta come un potenziamento della propria capacità di spesa piuttosto che di una vera e propria aggiunta sull’importo percepito. Peraltro proporzionato a seconda del reddito specifico del contribuente che ne beneficia, anche se con il nuovo anno si è deciso di semplificare la ripartizione in base alle aliquote di riferimento, accorpando alcune delle fasce reddituali centrali. Nel mese di marzo sono previsti quindi i conguagli delle nuove fasce di perequazione previste dalla Finanziaria, con l’Inps che chiarisce i passaggi rimasti meno trasparenti.

Nello specifico, l’Istituto guarda alle procedure di rivalutazione in base alla perequazione, sottolineando che, dal prossimo mese, gli aumenti riguarderanno le pensioni il cui importo supera di quattro volte il trattamento minimo, ovvero 2.101,52 euro lordi al mese. Nella circolare n. 20/2023, l’Inps specifica che, per l’occasione, saranno corrisposti anche gli arretrati maturati nei mesi di gennaio e febbraio 2023. Va detto che, rispetto all’anno passato, nonostante l’inflazione più elevata, la rivalutazione sarà di poco inferiore. Anche per questo, l’Inps ha disposto l’aggiornamento unicamente delle rendite non interessate dal nuovo modulo perequativo (ossia quelle con importo non superiore a quattro volte il minimo). Questo al fine di non creare indebiti pensionistici.

Rivalutazione delle pensioni, il chiarimento Inps: come cambiano gli assegni

Con il disbrigo delle prime perequazioni, l’Inps ha avviato la fase successiva, relativa alle pensioni con importi oltre le quattro volte il trattamento minimo. Aumenti che, ricordiamo, scatteranno unicamente sul trattamento lordo virtuale al mese di dicembre 2022, al lordo dello 0,2% del conguaglio di novembre, volto al recupero dell’inflazione dell’anno precedente (2021). Tenendo presente, inoltre, che a ottobre è stato corrisposto un anticipo del 2% sugli assegni pensionistici pari o inferiori a 2.692 euro al mese, ai sensi del Dl n. 115/2022. Stando alle disposizioni in materia, il 100% della perequazione sarà consentita per le pensioni fino a quattro volte il trattamento minimo. Per poi proseguire secondo la seguente ripartizione:

  • 85%: da 4 a 5 volte il trattamento minimo;
  • 53%: da 5 a 6 volte;
  • 47%: da 6 a 8 volte;
  • 37%: da 8 a 10 volte;
  • 32%: oltre 10 volte.

Il tutto, chiaramente, sulla base di un indice provvisorio di riferimento che, per il 2023, è stato fissato al 7,3%. Salvo, appunto, eventuale conguaglio da effettuare in perequazione per l’anno successivo.

Le rivalutazioni

L’Inps ha inoltre chiarito il mantenimento delle cosiddette fasce di garanzia, ossia il procedimento di aggiornamento tramite scaglioni di importo (anziché per fasce progressive) con tutela sul mantenimento del percepito su uno standard superiore (o comunque non inferiore) al trattamento più alto della fascia precedente. In pratica, la rivalutazione della fascia di riferimento sarà in ogni caso più elevata rispetto a quella precedente. Per fare un esempio, in caso di trattamenti lordi compresi fra 2.101,52 euro e 2.123,19, sulla base di una perequazione tra quattro e cinque volte il minimo, l’indice di riferimento sarebbe il 6,205% ma, al fine di rispettare la fascia di garanzia, sarà applicato il 7,5% di 2.101,52.

È opportuno ricordare che l’indicizzazione sarà divergente fra i vari trattamenti. L’indicazione di base è che le pensioni più basse godano di una perequazione più vantaggiosa. Nel pratico, tuttavia, sulla base degli indici di rivalutazione, a uscirne in modo migliore sono le fasce medio-alte, per le quali l’assegno ha beneficiato di uno scarto più elevato rispetto all’aggiornamento del 2022.

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