Il Reddito di Cittadinanza vola via: chi lo tiene nel 2023

Il Reddito di Cittadinanza è rimasto ma solo per alcuni in forma piena. E con profonde revisioni nel meccanismo di reintroduzione.

È stato l’argomento trainante delle discussioni in fase di Manovra. E, alla fine, il suo destino è stato quello che ci si aspettava: un compromesso in attesa dell’addio.

Reddito di Cittadinanza 2023
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Il Reddito di Cittadinanza è rimasto, almeno per un altro anno. In forma ridotta, in un’ottica tutt’altro che futuribile (verrà rimosso definitivamente nel 2024) ma comunque ancora al suo posto, come principale fonte di sostegno al reddito delle famiglie (e non solo) più in difficoltà. E, nondimeno, come strumento (in teoria) ponte per il reinserimento di chi lo percepisce nel mondo del lavoro. Una prospettiva che sarebbe alla base della misura stessa, pensata sì come sussidio ma anche come possibilità di reintroduzione veloce nel quadro occupazionale. L’obiettivo prefissato dal Governo Meloni, che punta alla riduzione progressiva della misura, che già da ora è pienamente in fase di rimodulazione, per riconvertire a breve le risorse impiegate per il RdC in altre direzioni.

Una strategia che dovrebbe pagare se, effettivamente, il Reddito di Cittadinanza ripensato fosse sufficiente a garantire realmente la reintroduzione in contesti lavorativi. L’esecutivo ha infatti puntato tutto sui cosiddetti occupabili, ossia quei percettori, che sulla carta, potrebbero lavorare in quanto non in condizioni di inabilità. Per costoro, la durata di percezione è già stata ridotta: 7 mesi, a partire dall’1 gennaio 2023. E depennamento totale dal 2024, quando il Governo vorrebbe salutare il Reddito di Cittadinanza, allo stato attuale indipendentemente dal risultato conseguito. Anche se, qualche giorno fa, l’Europa sembra essere ornata alla carica sulla necessità di una forma di sussidio garantita. Tuttavia, solo una raccomandazione per ora.

Reddito di Cittadinanza 2023: a chi spetta in forma piena

Introdotto dal governo gialloblu in anni che, complice la pandemia, sembrano lontanissimi, il Reddito di Cittadinanza ha mantenuto solo in parte le proprie promesse. E questo in virtù delle sue caratteristiche e dei suoi obiettivi prefissati, che hanno finito per accogliere sotto l’ala della misura anche coloro che, in teoria, non ne avrebbero avuto diritto. Da qui (e fino all’approvazione della Legge di Bilancio) una serie di aggiustamenti e revisioni, l’ultima operata dal Governo Draghi, convinto di dover attribuire al sostegno reddituale una connotazione più rigida, a cominciare dal rafforzamento del filo diretto con i Centri per l’impiego, gestenti i dossier relativi ai percettori e, sempre sulla carta, responsabili delle offerte di progettualità e lavoro.

L’esecutivo in carica ha ristretto ulteriormente il campo, limitando ancora le possibilità di rifiuto del reinserimento (la misura decadrebbe in automatico) e restringendo i tempi di fruizione a sette mesi. Questo vale per tutti, a meno che non si rientri fra le categorie di percettori per cui è stata mantenuta la forma piena del sussidio. Nello specifico:

  • famiglie con minori;
  • con persone disabili (come definite dal DPCM del 5 dicembre 2013, n. 159);
  • con persone di età pari o superiore ai 60 anni.

Modifiche che, Legge di Bilancio alla mano, non valgono per la Pensione di cittadinanza. Per i soggetto occupabili, sarà valido l’obbligo di inserimento in un corso di formazione e/o di riqualificazione professionale, la frequenza del quale sarà obbligatoria. In caso contrario, il diritto alla prestazione decadrà automaticamente. Alle Regioni spetterà il compito di trasmettere all’Anpal gli elenchi dei percettori inadempienti. Inoltre, i soggetti percettori del Reddito di Cittadinanza di età compresa fra i 18 e i 29 anni non adempienti all’obbligo scolastico, saranno tenuti alla frequenza di percorsi di istruzione di primo livello. Varrà per tutti, invece, l’impiego in progetti utili alla collettività, gestiti dai Comuni di appartenenza.

La revisione

Significativo che il Governo, nel rivedere la misura, abbia messo da parte il contributo dei Centri per l’impiego e dei servizi sociali dei Comuni, perlomeno sul piano del reinserimento lavorativo. Un progetto che, come confermato anche dagli aggiustamenti tentati dal Governo Draghi, non ha prodotto i risultati sperati. I percettori avranno comunque la possibilità, tramite Anpal, di presentare la propria Dichiarazione di Immediata disponibilità al lavoro, da inviare tramite la piattaforma dell’ente. Un ulteriore tentativo di sprint verso il ritorno al lavoro.

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