Pensione e Naspi, il caso dei contributi figurativi inefficaci

Percepire i contributi figurativi della Naspi è utile alla maturazione dei requisiti pensionistici? L’intervento della Cassazione.

Quanto incidono i periodi di disoccupazione sul calcolo della propria pensione? In realtà, molto dipende dalle indennità percepite. Una variabile in grado di spostare gli equilibri come di non farlo.

Contributi figurativi pensione Naspi
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Per le interruzioni dei rapporti di lavoro non dipese dalla volontà del lavoratore, l’Inps ha previsto un’indennità di disoccupazione, la Nuova assicurazione sociale per l’Impiego, meglio nota come Naspi. La più frequente fra le possibilità di integrazione concesse a coloro che, nel periodo successivo all’1 maggio 2015, sono incappati in situazioni di disoccupazione involontaria. Si tratta, di fatto, di una misura nella quale sono convogliate le due precedenti, Aspi e MiniAspi, spettante a partire dall’ottavo giorno successivo alla data di cessazione del rapporto di lavoro. L’indennità sarà quindi corrisposta mensilmente, per un numero complessivo di settimane pari alla metà di quelle contributive risultanti dagli ultimi quattro anni.

L’importo della Naspi è variabile in base all’ammontare del reddito percepito nell’ultimo quadriennio precedente alla domanda di disoccupazione. La somma corrisposta sarà pari al 75% della retribuzione media mensile imponibile ai fini previdenziali qualora il reddito percepito fosse inferiore al limite stabilito per legge (1.227,55 euro al 2021). Con retribuzione media superiore all’importo di riferimento, invece, la Naspi sarà pari al 75% di questo, con l’aggiunta del 25% risultante dalla differenza fra l’importo in questione e la retribuzione media mensile. Con riduzione progressiva del 3% a partire dal 91esimo giorno di percezione e per tutti i mesi successivi, fino all’azzeramento. In sostanza, pur in assenza di un contratto di lavoro, il contribuente continuerà a percepire somme a titolo di indennità.

Pensione e contributi figurativi: quando non valgono per il calcolo dell’assegno

Durante il periodo di fruizione della Naspi, il contribuente sarà coperto da una contribuzione di tipo figurativo. Si tratta, di fatto, di contributi accreditati senza oneri a carico dei lavoratori, quindi senza necessità di presentazione di una domanda specifica. I contributi figurativi non saranno elargiti solo nel caso in cui il beneficiario richiedesse una Naspi anticipata. In sostanza, la fine del perfezionamento del requisito pensionistico, il contribuente potrebbe teoricamente fare affidamento sui contributi figurativi maturati durante il periodo di disoccupazione, fermo restando che, per il requisito di anzianità contributiva richiesta per la pensione di anzianità, di un minimo di 40 anni di versamenti. Tuttavia, una sentenza della Corte di Cassazione, risalente allo scorso mese di ottobre, ha fissato un importante paletto sui contributi figurativi.

Pensione e Naspi: il caso

Il caso vedeva protagonista un lavoratore che, a seguito di domanda, si era visto respingere la richiesta di pensione di anzianità, in quanto la sua posizione previdenziale non risultava in linea con il D. Lgs. 42/2006. Ovvero, la cosiddetta prima facoltà di unificazione della contribuzione mista, successivamente migliorata dalla legge 228/2012, che ha introdotto il cumulo gratuito. Nel caso in oggetto, l’Inps ha fatto leva sull’obbligatorietà di una contribuzione utile al diritto per il perfezionamento del requisito di anzianità non inferiore a 40 anni. Escludendo, di fatto, i periodi coperti da contributi figurativi per malattia o disoccupazione (validi solo in funzione dell’assegno e non della maturazione del diritto). Un primo intervento della Corte d’Appello di Firenze aveva ribaltato il pronunciamento, ritenendo utile la contribuzione figurativa anche in merito all’anzianità.

L’intervento della Cassazione

La Cassazione ha chiuso la questione dando ragione all’Inps sul principio generale che regola l’accesso al trattamento di anzianità secondo contribuzione effettiva. Secondo i giudici, a essere determinante è l’assenza di una normativa specifica in merito, lo stesso passaggio rilevato, in senso inverso, dalla Corte d’Appello. In questo caso, è stata stabilita l’impossibilità di inquadrare in termini normativi l’utilità della contribuzione figurativa, in particolare quella derivante da periodi di disoccupazione. Escludendo, di fatto, la possibile comparazione (o meglio, equiparazione, tra contributi effettivi e figurativi.

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