Pensionati, buone notizie: a marzo 2023 importi in aumento, parte la rivalutazione

L’istituto previdenziale effettuerà la rivalutazione pensioni marzo 2023. Scopriamo come funziona e a chi viene riconosciuto.

La rivalutazione delle pensioni è un meccanismo che prevede di incrementare il valore degli assegni erogati, in funzione dell’inflazione. In sostanza, grazie a questo meccanismo, è possibile adeguare il valore delle pensioni al reale costo della vita.

Rivalutazione pensioni marzo 2023
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Il meccanismo è generalmente definito perequazione e rappresenta proprio una rivalutazione dell’importo pensionistico in relazione all’inflazione. Sostanzialmente, con questo strumento l’INPS adegua il valore degli assegni in base agli indici forniti dall’ISTAT.

Quest’anno, l’istituto previdenziale effettuerà una rivalutazione anche dei trattamenti superiori a quattro volte il minimo, in base a quanto stabilito dalla Legge di bilancio 2023.

A quanto corrisponderà l’aumento relativo alle rivalutazioni pensioni marzo 2023? Quali pensioni saranno coinvolte nel meccanismo della perequazione?

Rivalutazione pensioni marzo 2023: di cosa si tratta

In base a quanto stabilito dalla Finanziaria 2023, quest’anno le pensioni, il cui importo è superiore a 4 volte l’assegno minimo, subiranno un aumento per effetto del meccanismo della rivalutazione.

In sostanza, a partire dal 1 marzo 2023, le pensioni il cui valore è superiore a 2101,52 euro lordi al mese saranno rivalutate dall’INPS.

A fornire queste informazioni è proprio l’istituto previdenziale tramite un comunicato stampa, in cui spiega che nel mese di marzo 2023 saranno corrisposti anche gli arretrati relativi ai mesi di gennaio e febbraio.

In base a quanto stabilito dalla Legge di bilancio, per il biennio 2023-2024, il meccanismo della rivalutazione, che interessa le pensioni di importo superiore a quattro volte il minimo, sarà più sfavorevole.

In particolare, per le pensioni di importo superiore a 2101,53 euro al mese la rivalutazione sarà più sfavorevole rispetto all’anno precedente.

Inoltre, per evitare indebiti pensionistici, l’istituto previdenziale ha aggiornato, a partire dal 1 gennaio 2023, solo le pensioni di importo inferiore a 4 volte il minimo. Mentre, per quelle di importo superiore a quattro volte il trattamento minimo la perequazione è stata rimandata a marzo.

Rivalutazione pensioni marzo 2023: ecco gli scaglioni

Coloro che percepiscono solo il trattamento minimo, ovvero 525,38 euro al mese, beneficeranno di un indice di perequazione del 101,5% e, dunque, di una rivalutazione effettiva dell’8,910%.

I percettori del trattamento minimo che hanno più di 75 anni di età riceveranno una rivelazione effettiva del 14,167%.

Coloro che, invece, percepiscono un assegno compreso tra uno e quattro volte il minimo, ovvero tra 525,39 euro e 2101,52 euro, beneficeranno di una rivalutazione effettiva del 7,3%. Dunque, l’indice di perequazione, in questo caso, è del 100%.

Per gli importi pensionistici oltre quattro volte e entro cinque volte il minimo, ovvero compresi tra 2101,53 euro e 2626,90 euro, l’indice di perequazione applicato sarà dell’85% per una rivalutazione effettiva spettante del 6,205%.

Da questo scaglione in poi, la rivalutazione pensioni è prevista per marzo 2023, con tanto di arretrati di gennaio e febbraio.

Coloro che percepiscono un assegno oltre 5 volte il minimo e fino a sei volte il minimo, cioè tra 2626,91 euro e 3152,28 euro avranno diritto ad una perequazione del 53%, ovvero ad una rivalutazione del 3,869%.

I pensionati che percepiscono un assegno oltre sei volte il minimo e fino a 8 volte il minimo, ovvero tra 3152,29 euro e 4203,04 euro, avranno diritto ad un indice di perequazione del 47%, quindi ad una rivalutazione del 3,431%.

Mentre chi percepisce un assegno pari a 8 volte il minimo e fino a 10 volte il minimo, con importo compreso tra 4203,04 euro e 5253,80 euro, avrà diritto al 37% della perequazione, ovvero ad una rivalutazione effettiva del 2,701%.

Infine, chi percepisce un trattamento pensionistico oltre a dieci volte il minimo, ovvero di importo superiore a 5253,80 euro lordi al mese, l’indice di perequazione applicato sarà pari al 32%, con una rivalutazione effettiva del 2,336%.

Come funziona la rivalutazione?

Il meccanismo della rivalutazione è applicato a tutti i trattamenti pensionistici erogati dalla previdenza pubblica. Dunque, beneficiano di questo sistema le pensioni dirette, come quella di vecchiaia o quelle anticipate, ma anche le pensioni indirette, come il trattamento ai superstiti.

Il meccanismo dell’adeguamento del trattamento pensionistico è stato introdotto dal 1 gennaio 1999. Da allora, ogni anno, a gennaio, i trattamenti pensionistici vengono rivalutati in base al costo della vita.

In sostanza, il meccanismo della perequazione tiene conto del tasso di inflazione registrato nell’anno precedente.

Non a caso, nel 2023, gli assegni pensionistici andranno incontro ad una rivalutazione sostanziosa (7,3%). Dal momento che, i dodici mesi precedenti, sono stati caratterizzati da un’impennata del tasso di inflazione.

Fino alla 31 dicembre 2011, ovvero prima dell’introduzione della Legge Fornero, il meccanismo della perequazione prevedeva la suddivisione dei redditi in tre fasce.

In sostanza:

  • La misura piena spettava per le pensioni fino tre volte il trattamento minimo;
  • Per le pensioni di importo comprese tra tre e cinque volte il minimo, l’adeguamento veniva concesso nella misura del 90%;
  • Per i trattamenti superiori a 5 volte il minimo era previsto un adeguamento pari al 75%.

Le novità sulla perequazione

A partire dal 1 gennaio 2012, è stato introdotto un blocco temporaneo dell’indicizzazione delle pensioni che ha interessato il biennio 2012-2013 e che riguardava i trattamenti superiori a tre volte il minimo. Successivamente una sentenza della Corte Costituzionale ha ritenuto illegittimo tale modifica.

Per questo motivo, a partire dal 1 gennaio 2014, con l’approvazione della legge numero 147 del 2013, si è introdotto un nuovo strumento perequativo. In pratica, è stato abbandonato il metodo progressivo scegliendo una rivalutazione unica applicata direttamente all’importo complessivo del trattamento pensionistico.

Inoltre, la legge ha introdotto indici di perequazione meno favorevoli per i trattamenti pensionistici superiori a tre volte il minimo. Queste regole sono rimaste in vigore fino al 31 dicembre 2021. Tuttavia, il basso tasso di inflazione che ha caratterizzato il periodo pandemico, non ha inciso eccessivamente sui pensionati che percepiscono assegni superiori a tre volte il minimo.

A partire dal 2022, si è tornati nuovamente alla rivalutazione per scaglioni di importo, ovvero al metodo progressivo.

Tuttavia, con l’approvazione della legge 197/2022 si è deciso di effettuare la rivalutazione delle pensioni, per il biennio 2023-2024, tenendo conto dell’importo complessivo percepito.

Gli effetti della Legge 197 sono transitori e cesseranno la loro efficacia il 31 dicembre 2024

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