Nel 2024 sparirà del tutto. Fino a quel momento, il Reddito di Cittadinanza resta ma, in forma piena, solo a determinate condizioni.
Il futuro del Reddito di Cittadinanza è stato il vero snodo cruciale delle discussioni relative alla prima Manovra del Governo Meloni. Anche perché, a ben vedere, qualcosa aveva già iniziato a cambiare.
Era stato l’ex premier, Mario Draghi, a indicare la necessità di nuove strategie per la principale misura di sostegno al reddito delle famiglie in difficoltà economica. Innanzitutto proprio per definire una migliore efficacia dello strumento e, soprattutto, limitare i ricorsi illeciti al sussidio a fronte di condizioni che, nel merito, non lo richiederebbero. Un percorso a ostacoli, in primis per la reticenza di chi, all’epoca, fu promotore della misura. E, nondimeno, per la difficoltà di inquadrarla sotto un’ottica nuova, più improntata al sussidio vero e proprio che a un tamponamento in attesa di un ritorno all’occupazione. Il Governo Meloni ha deciso, per il 2023, di confermare la misura operando però una stretta significativa, in parte ricalcando quanto già disposto in precedenza.
La precedenza, in base alla Legge di Bilancio 2023, viene riservata a coloro effettivamente in difficoltà economica. A fronte, magari, di situazioni particolarmente complicate, come la presenza di una disabilità e simili. Le modifiche operate, infatti, hanno riguardato principalmente i cosiddetti “occupabili”, ossia coloro che, pur percependo il Reddito di Cittadinanza, potrebbero potenzialmente rientrare nel quadro occupazionale, in quanto non limitati da impedimenti fisici o di altra natura. Un principio che, chiaramente, necessita di una revisione anche del tessuto lavorativo. Durante la fase di ritocco del Governo Draghi, si era puntato perlopiù sul rafforzamento del filo diretto coi Centri per l’impiego. Al momento, il RdC potrà essere percepito, sì, ma per non più di 7 mesi. Durante i quali, il percettore in stato di disoccupazione dovrà essere reintegrato come lavoratore.
Reddito di Cittadinanza oltre i 7 mesi: ecco i (soli) beneficiari
L’obiettivo del giro di vite operato sul Reddito di Cittadinanza, oltre che a rafforzare il numero degli occupati e a ridurre i ricorsi illeciti alla misura, punta anche a un risparmio delle risorse di quasi un miliardo (950 milioni di euro per l’esattezza) per l’anno in corso. Il tutto, mentre si disporranno risorse per uno strumento sostitutivo che andrà a rimpiazzare il RdC nel 2024, quando, stando alla Legge di Bilancio, sarà depennato del tutto. Le novità del 2023, quindi, sono anche in un’ottica futuribile.
A cominciare dalla durata, estremamente ridotta: i 7 mesi ordinari varranno per tutti, a meno che non subentrino particolari condizioni per i percettori. Nello specifico, la durata massima resterà di 18 mesi per i nuclei familiari con minori a carico, con persone disabili o di età pari o superiore ai 60 anni nello stato di famiglia. Per costoro, è prevista la possibilità di rinnovare la fruizione prima del rinnovo stesso, con sospensione di un mese (che non varrà per la Pensione di Cittadinanza).
Va comunque ricordato che si tratta di casi limite. Per tutti gli altri, infatti, la stretta operata dal Governo significherà un’urgenza di reinserimento lavorativo, pena l’annullamento dell’indennità. A decorrere dall’1 gennaio 2023, i soggetti occupabili dai 18 ai 59 anni dovranno essere inseriti in un corso di formazione o di riqualificazione professionale per un periodo di 6 mesi. Con decadenza del diritto alla prestazione in caso di mancata frequenza, la quale sarà opportunamente segnalata all’Anpal dalle Regioni. L’impiego dei soggetti percettori di Reddito di Cittadinanza nei progetti utili alla collettività, ora, riguarda tutto il novero dei beneficiari. In precedenza, era riservato solo a un terzo di essi.
Novità sugli importi
Per quanto riguarda gli importi, invece, si attende qualche ulteriore novità. Per il momento, è stato disposto che, in caso di stipula di contratti di lavoro stagionale o intermittente, il compenso non contribuirà alla determinazione del beneficio se il reddito dovesse rientrare entro il limite di 3 mila euro lordi. Confermato l’esonero dai contributi previdenziali a carico delle aziende che assumono dipendenti, nel settore privato, a tempo indeterminato.