Permessi legge 104: chi commette questa leggerezza perde il lavoro

Scopriamo cosa si può fare con i permessi legge 104? Attenzione: alcune leggerezze possono costare caro, portando al licenziamento.

Tra le tutele offerte dalla legge 104, ai soggetti affetti da invalidità grave, ci sono anche i permessi per caregiver. Ci stiamo riferendo alla possibilità, per il familiare lavoratore che assiste un disabile, di assentarsi dal lavoro per tre giorni al mese senza rinunciare alla propria retribuzione.

Permessi legge 104:
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I permessi legge 104 servono ad offrire assistenza al familiare con handicap grave.

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha stabilito che è possibile sanzionare il lavoratore dipendente che usufruisce dei permessi, anche solo una parte di essi, in maniera inappropriata.

Dunque, non si può andare in vacanza durante la fruizione del permesso, ma se il caregiver porta con sé il disabile, il discorso cambia.

Permessi legge 104: ecco cosa può fare il lavoratore

I permessi legge 104 sono una tutela offerta ai disabili e ai loro caregiver lavoratori. Grazie a questo diritto è possibile assentarsi dal lavoro per un periodo massimo di tre giorni al mese, senza dover rinunciare alla retribuzione piena.

Il lavoratore che ha diritto al permesso legge 104 può scegliere di utilizzare i tre giorni, a cui ha diritto, in maniera continuativa o in maniera frazionata.

In ogni caso, il lavoratore è tenuto ad avvisare in tempo utile il datore di lavoro, in modo tale che questo possa organizzare l’attività produttiva.

Lo scopo dei permessi concessi dalla legge 104 è quello di offrire assistenza al familiare disabile. Dunque, l’assenza dal lavoro è giustificata nella misura in cui il dipendente svolga piccole faccende quotidiane, come fare la spesa oppure occupandosi della cura e dell’igiene dell’abitazione del disabile.

La Suprema Corte, nel 2016, ha sottolineato come la funzione primaria dei permessi concessi dalla legge 104 sia quella di prestare un aiuto e assistenza continuativa al familiare con disabilità.

Allo stesso tempo, la Suprema Corte si è pronunciata stabilendo che non è possibile negare la circostanza, che i permessi siano utilizzati dal lavoratore per ritagliarsi un breve spazio di tempo da dedicare ai propri bisogni e alle proprie esigenze personali. Dopotutto, il caregiver assiste il familiare affetto da handicap grave con spirito di abnegazione.

In ogni caso, la legge non specifica in quale momento della giornata deve essere prestata assistenza al disabile. Pertanto, non è detto che il lavoratore debba necessariamente accudire il familiare con handicap nelle ore in cui avrebbe dovuto svolgere le attività lavorativa.

Cosa non si può fare durante i giorni di permesso?

Durante i giorni di permesso previsti dalla legge 104 non è necessario dormire a casa del disabile. Tuttavia, la normativa non prevede l’opportunità di stare a casa propria a riposarsi. In sostanza, il caregiver vive andare presso il disabile, anche se non è specificato per quante ore al giorno.

Ad ogni modo, qualche tempo fa alla Corte di Cassazione ha legittimato il licenziamento di un dipendente che, in ora notturna e durante i giorni di permesso, è stato sorpreso a partecipare ad una serata in discoteca.

Quel che è certo è che durante i giorni di permesso concessi dalla legge 104 non è possibile svolgere attività ludiche. Ciò vuol dire che il caregiver non può essere sorpreso al bar con amici o a fare attività sportiva.

Dopotutto, sebbene la disciplina prevede la possibilità per il caregiver di svolgere attività extra alla cura del disabile, questa deve essere limitata e non deve compromettere la qualità dell’assistenza.

Il rischio di abusare dei permessi

La legge ha stabilito quali sono i casi in cui il caregiver abusa dei permessi concessi dalla legge 104, prevedendo l’applicazione di una sanzione disciplinare che deve essere commisurata all’entità dell’abuso.

In sostanza, il lavoratore dipendente che viene sorpreso a compiere attività non in linea con l’assistenza al disabile rischia un semplice richiamo verbale, una sanzione disciplinare ma anche il licenziamento per giusta causa.

Nei casi più gravi, l’azienda ha la possibilità di denunciare il dipendente per truffa ai danni dell’INPS.

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