Quando la laurea significa lavoro: i titoli consigliati dall’Ocse che permettono il ‘posto fisso’

Quando la laurea è sinonimo di lavoro? Vi sono facoltà che rendono meglio in ottica occupazionale? E altre poco fruttuose? Il report annuale Ocse potrà dirci qualcosa in più a riguardo.

L’Italia registra un guinness negativo: una percentuale quanto mai alta di Neet, siamo al 34,6%.

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Tempi duri per quanti siano alla ricerca di un lavoro. La laurea è garanzia di occupazione? Sono tanti i giovani costretti a recarsi lontano dall’Italia a caccia di una chance lavorativa rispondente al proprio percorso formativo onde evitare il rischio di retribuzioni deprimenti.

La situazione italiana, stipendi indecorosi

Nel nostro Paese, è noto, le retribuzioni sono al di sotto della media europea. Un gap che proprio non si riesce a colmare. Del resto le recenti indicazioni Istat presentano perfettamente il contesto. In Italia si allarga l’insieme di quanti tra i giovani si trovano privi di occupazione e solamente con in mano un lavoro precario, sebbene abbiano alle spalle percorso e titolo accademico.

L’Italia, in più, registra un guinness negativo: una percentuale quanto mai alta di Neet (giovani tra 25 e 29 anni che non studiano e non lavorano), siamo al 34,6% nel 2021.

A presentare il contesto italiano in quanto a connessioni tra laurea e lavoro è il report annuale “Education at a Glance 2022” dell’Ocse, stando al quale il titolo di studio inciderebbe non poco.

Quando la laurea significa lavoro e quando no

Considerato come in Italia per un giovane sia in ogni caso complesso trovare una valida occupazione, con alcuni titoli universitari potrebbe essere anche peggio.

Per dirne una, il margine occupazionale di un laureato in ingegneria è pari all’88% a dispetto del 69% di un laureato in arte. E allora, quali sono i titoli accademici migliori da un punto di vista lavorativo?

Senz’altro, osservando l’indice di occupazione, i dottori in medicina o nelle professioni sanitarie avranno maggiori chance di successo nella ricerca di lavoro. Il margine si presenta all’89%. Medesima fortuna per quanti si laureino in matematica e scienze naturali, qui il tasso di occupazione si attesta all’81%.

Ottimi margini per gli ingegneri ben quotati all’88%, così come per i laureati ICT dove si sfiora il medesimo 88%. Per i titolati in Economia, Business, Amministrazione o Giurisprudenza i valori variano da 85% a 81%.

Le percentuali scendono, invece, per i giovani che hanno scelto percorsi di studi in materie umanistiche, scienze sociali, giornalismo, etc., dove si giunge al 76%.

L’indagine ha evidenziato come negli Stati OCSE chi vanti un titolo universitario nel corso della vita lavorativa, guadagnerà il doppio di quanti non l’abbiano invece conseguito.

La retribuzione di un laureato stando alle indicazioni OCSE

Le indicazioni Istat testimoniano come nel 2021, nel range di età 20-64 anni, il margine occupazionale per chi quanti vantino un titolo universitario giunga al 79,2% a dispetto del 65,2% appartenente ai soli diplomati.

A quanto assomma la retribuzione di un laureato? Ovviamente le risposte potrebbero essere molteplici. La statistica sottolinea come la paga mensile dello scorso anno, a un anno dal conseguimento del titolo sia equivalente

 a 1.340 euro per i laureati di primo livello e di 1.407 euro per i laureati di secondo livello.

Retribuzione che cresce a un quinquennio dal conseguimento della laurea. In conclusione, malgrado i tempi avversi sarebbe consigliabile in ogni caso disporre di una laurea rispetto a non disporne.

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