Embargo petrolio Russo: cosa succederà ora

Il 5 dicembre è scattato l’embargo il petrolio Russo. Si tratta di un’importante svolta nel conflitto in Ucraina.

Lo scorso 5 dicembre è avvenuta una vera e propria svolta nel conflitto tra Russia e Ucraina. Non riguarda gli scontri militari e politici, bensì l’embargo europeo nei confronti del petrolio Russo.

Embargo petrolio Russo
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Dunque, la svolta di cui parliamo è di tipo economico ed energetico. In sostanza, l’Unione Europea ha imposto nuove sanzioni nei confronti della Russia, con lo scopo di tagliare i finanziamenti al Cremlino e, di conseguenza, togliere risorse economiche che finanziano la guerra in Ucraina.

Ma in che modo questa decisione può ripercuotersi anche sull’Italia?

Embargo petrolio Russo: la mossa dell’Europa

Con l’embargo il petrolio Russo, l’Unione Europea intende tagliare i finanziamenti alla guerra. L’iniziativa impone il divieto di importare nel Vecchio continente, tramite nave, il greggio proveniente dalla Russia. Inoltre, impone un tetto al petrolio russo che sarà valido anche in tutti i paesi G7 e in Australia.

Queste decisioni avranno conseguenze che influiranno sul costo dell’energia e sull’inflazione.

In ogni caso, grazie all’embargo al petrolio Russo è stato eliminato una parte di quel collegamento energetico che lega l’Europa alla Russia.

Dunque, la decisione di tagliare i finanziamenti a Mosca fa parte di quella serie di decisioni assunte già mesi fa da Stati Uniti e Regno Unito, che però sono meno esposti alle conseguenze di tale scelta.

Per evitare di creare uno shock al mercato del petrolio, si è deciso di fissare un tetto a 60 dollari al barile. La misura interesserà soprattutto il greggio esportato via mare e, dunque, sulle navi.

In base alle stime, quest’iniziativa consentirà di bloccare circa il 94% del petrolio Russo destinato all’Europa. Di fatto, le decisioni peseranno sull’economia del Cremlino perché, come affermato da un alto funzionario Ue: “sarà difficile per loro trovare alternative nel breve e medio termine”.

Dopotutto, nessuno Stato membro potrà acquistare, importare o trasferire petrolio Russo, fatta eccezione per quantità limitate in Ungheria, Slovacchia e Repubblica Ceca.

Il divieto del price cap

Vi è, poi, un’altra importante novità che riguarda il divieto di Price cap. In sostanza, si tratta del divieto per gli operatori europei e di altri paesi, di utilizzare i servizi marittimi europei nel caso in cui il greggio dovesse essere venduto ad un prezzo superiore rispetto al tetto stabilito.

Fermo restando che il tetto di 60 dollari al barile sarà rivisto ogni due mesi, correggendolo in base agli andamenti del mercato. Resta fisso però il principio, secondo il quale il greggio russo sarà venduto sempre al 5% in meno rispetto ai prezzi correnti.

In questo modo, l’Unione Europea intende tagliare una parte dei profitti che la Russia percepisce e che potrebbe destinare, per finanziarie le operazioni militari in Ucraina.

Il caso relativo a prezzi e forniture

In base alle stime dell’International Energy forum, l’embargo al petrolio Russo dovrebbe portare l’Unione Europea ad una perdita di 3 milioni di barili al giorno.

Si tratta di un enorme quantità di petrolio, alla quale si aggiungono i tagli Opec, ovvero 2 milioni di barili al giorno.

Tutto ciò potrebbe avere l’effetto di far aumentare nuovamente le quotazioni di petrolio, con inevitabili ripercussioni sull’inflazione.

In base alle stime dell’agenzia internazionale per l’energia, l’embargo dovrebbe portare a un calo del 17% della produzione di petrolio Russo, da qui a febbraio. Il decremento potrebbe far registrare una riduzione di barili al giorno pari a 10,2 milioni. Mentre entro febbraio, si stima che la riduzione possa arrivare a 9,5 milioni di barili.

In merito alle esportazioni, i dati a nostra disposizione dimostrano che la Russia ad ottobre ha esportato 7,7 milioni di barili al giorno. Di questi, poco più della metà, ovvero 3,95 milioni di barili sono stati esportati verso l’Europa.  Il 90% di queste esportazioni dovrebbe finire sotto l’embargo.

Tuttavia, chi è un altro cambiamento che riguarda l’export russo. Di fatto, mentre questo calava di 1,5 milioni di barili al giorno nei confronti dell’Ue, si registrava un aumento di flussi in favore della Cina, dell’India e della Turchia.

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