Sul tema delle pensioni dal Governo arriva una importante conferma: tutto quello che c’è da sapere.
Il tema delle pensioni è, da sempre, uno di quelli su cui la politica si divide maggiormente. Ora il Governo presieduto da Giorgia Meloni punta a un’importante conferma: ecco tutto quello che c’è da sapere.
Non è un caso che la maggior parte dei provvedimenti adottati dall’Esecutivo siano di natura economica. La situazione in Italia è nota a tutti noi, anche con riferimento al sistema previdenziale, da sempre molto dibattuto in Italia.
Il Governo sta cercando di contrastare l’inflazione galoppante che ha eroso il potere d’acquisto delle famiglie italiane. Il vicepresidente del Consiglio e leader della Lega, Matteo Salvini, ha detto che la priorità sia quella di aumentare stipendi e pensioni e, in tal senso, si punta a farlo con i soldi che saranno risparmiati con il taglio del Reddito di cittadinanza per circa 160mila percettori.
Con una situazione del genere, è difficile e improbabile che si trovino risorse per interventi in materia previdenziale a partire dall’anticipo della pensione con 41 anni di contributi a prescindere dall’età.
Secondo quanto trapela, dunque, il Governo confermerà Quota 103 per ciò che concerne le pensioni, con la possibilità di andare in quiescenza con 62 anni di età e 41 di contributi. Nessuna rivoluzione, dunque e solo alcuni aggiustamenti per Opzione donna allargando di nuovo la platea a tutte coloro che hanno 35 anni di contributi con un’età minima che potrebbe essere alzata. Il Governo, dunque, non intende porre la limitazione della misura alle donne licenziate con carichi di cura o disabilità.
Va detto, comunque, che l’ipotesi di introdurre la possibilità di andare in pensione con 41 anni di contributi a prescindere dall’età con il calcolo dell’assegno interamente contributivo è qualcosa a cui il Governo pensa ancora, anche se ritenuta poco appetibile, sia per gli uomini, che per le donne. Ogni ulteriore discussione, comunque, dovrebbe essere rimandata alla prima decade di settembre.
Non facile da dipanare, poi la matassa che riguarda la rivalutazione degli assegni con l’inflazione acquisita che nel 2023 è già al 5,6%. Andrebbe infatti messa sul piatto della bilancia anche la differenza tra quella riconosciuta l’anno scorso (il 7,3% per i trattamenti fino a quattro volte il minimo) e l’inflazione reale. Sul punto, il Governo punta a far recuperare l’intera inflazione gli assegni fino a 2.254,93 euro lordi al mese mentre avranno una rivalutazione ridotta quelli superiori a questa soglia (dall’85% dell’aumento dei prezzi di quelli tra quattro e cinque volte il minimo al 32% di quelli superiori a 10 volte il minimo).
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