Il Giappone riversa nell’oceano acque radioattive di Fukushima: dobbiamo preoccuparci per il pesce sulle nostre tavole?
C’è grande apprensione per la manovra che il Giappone ha iniziato appena pochi giorni fa, riversando in mare le acque di raffreddamento utilizzate nella centrale di Fukushima dopo il disastro del 2011. Il pesce che arriverà in Italia sarà contaminato? Ecco tutto quello che c’è da sapere.
Oltre dodici anni sono passati dal disastro dell’11 marzo 2011, allorquando avvenne l’incidente nucleare nella centrale ubicata sulla costa est del Giappone. Il disastro della centrale di Fukushima fu dovuto al terremoto e al conseguente maremoto del Tōhoku: è stato l’unico incidente oltre al disastro di Černobyl’ del 26 aprile 1986 ad essere stato classificato di livello 7 della scala INES, cioè il livello di gravità massima degli incidenti nucleari.
Circa 154.000 residenti dovettero lasciare le proprie abitazioni per via di quello che, una successiva commissione d’inchiesta definì un incidente che poteva essere evitato. Ancora oggi, a distanza di così tanti anni, vi sono incertezze circa i rischi di contaminazione delle acque e del suolo, per via delle perdite radioattive dall’impianto. E oggi, dunque, non può che destare inquietudine quanto deciso dal governo giapponese.
La decisione di riversare in mare le acque di raffreddamento utilizzate nella centrale di Fukushima dopo il disastro del 2011 da parte del governo giapponese ha infatti creato frizioni anche di tipo istituzionale e diplomatico con la Cina. Oltre un milione di tonnellate di acque reflue radioattive.
Nonostante le rassicurazioni arrivate dagli scienziati, il governo cinese ha vietato ogni forma di importazione di prodotti ittici provenienti dal paese nipponico. Ovviamente, la paura diventa di tipo mondiale e in tanti si chiedono se il pesce che arriverà in Italia sarà sicuro o se vi sono rischi per la salute.
Va detto che l’autorizzazione per il rilascio delle acque è arrivata dall’organismo di vigilanza atomica delle Nazioni Unite, dall’Agenzia internazionale per l’energia atomica (AIEA) e dal governo giapponese. I testi, infatti, avrebbero mostrato livelli di radioattività ben al di sotto dei limiti di sicurezza.
Cosa dobbiamo pensare in Italia. Innanzitutto diamo un po’ di cifre: in Italia arrivano circa 123mila chili di pesce dal Giappone. Pochissimo: appena lo 0,02% del totale di quello che il Giappone esporta. Di questi, circa 86.000 chilogrammi sono costituiti da filetti di tonno congelati, per capirci, quelli utilizzati per il sushi. In assenza di ulteriori indicazioni, non possiamo che prendere per buono ciò che sostengono gli scienziati. In ogni caso, qualora non vogliate pesce giapponese sulla vostra tavola, sappiate che è esiste un codice numerico visibile sulle confezioni di pesce vendute nei supermercati e il codice che caratterizza il Giappone è il numero 61.
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