Un intento del Governo Meloni è quello di separare assistenza e previdenza. Dovesse accadere realmente cosa accadrebbe ai cittadini?
L’intervento coinvolgerebbe maggiormente le persone con invalidità o disabilità che ricevono abitualmente sussidi economici da parte dell’INPS.
L’esecutivo ha l’obiettivo di separare assistenza e previdenza. Tale necessità si affianca ad un secondo intento, superare Quota 103 il prima possibile al fine di introdurre Quota 41 per tutti oppure altri scivoli più flessibili per i lavoratori. Entrambe le operazioni comportano dei costi e non sono affatto semplici da mettere in atto.
La separazione di assistenza e previdenza, nello specifico, richiede che si valutino attentamente le conseguenze per invalidi e disabili trattandosi di un intervento alquanto delicato. Per Quota 41, invece, servono ingenti risorse che si potrebbero recuperare mettendo in atto la prima operazione.
Pochi giorni fa il Consiglio dei Ministri ha rimosso i vertici INAIL e INPS tenendo conto della durate degli incarichi di quattro anni. Inoltre, l’esecutivo ha abolito la carica di vicepresidente nonché modificato i poteri del presidente. Quest’ultimo potrà, d’ora in poi, imporre il direttore generale dell’Istituto di riferimento e, in generale, avrà più potere potendo anche varare i piani pluriennali con maggiore facilità.
Di contro, i nuovi vertici dovranno affrontare sfide complesse che determineranno il futuro della nazione. L’INAIL verrà rafforzato e si dovrà occupare efficacemente della sicurezza sul lavoro e della prevenzione. L’INPS, invece, dovrà affrontare la separazione tra previdenza e assistenza.
L’Osservatorio della spesa previdenziale si occuperà presto di questa tematica che ha già agitato gli animi dei sindacati. I dati che verranno valutati parlano chiaro. Lo scorso anno il 46,5% delle pensioni liquidate dall’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale rientrava nel capitolo assistenza. Una percentuale altissima che ha determinato un ingente aumento della spesa negli ultimi decenni affrontata dai Governi attingendo dalle pensioni.
Ora, con la separazione tra assistenza e previdenza, le pensioni potrebbero rivalutarsi e i conti potrebbero essere più precisi in modo tale da consentire all’esecutivo di capire quanto stanziare per l’azione sociale. Secondo il Centro Studi e Ricerche itinerari previdenziali, infatti, grazia ad una banca dati più precisa del sistema assistenziale l’INPS avrebbe un maggiore controllo sulle misure erogate risparmiando tra i 5 e i sei miliardi di euro. E con le somme risparmiate si potrebbero aiutare i cittadini economicamente più fragili.
Oggi la spesa è stimata intorno ai 155 miliardi di euro e grava su 16 milioni di pensionati. Le previsioni sono, poi, di un incremento della spesa previdenziale nei prossimi anni a causa dell’aumento della popolazione anziana e del non contemporaneo incremento dei lavoratori occupati – specialmente in alcune regioni italiane. Procedendo con la separazione, dunque, si allontanerebbe il rischio di destabilizzare il sistema pensionistico dell’Italia.
Un obiettivo lodevole ma come si potrà garantire la spesa assistenziale? Parliamo di cifre ingenti destinate anch’esse a crescere nel tempo. Il problema, dunque, è salvare e garantire le pensioni di invalidità nonché tutte le prestazioni dedicate ai soggetti con disabilità. Potrebbe essere messo tutto in mano ad un altro ente oppure potrebbero essere aumentati i Fondi a disposizione. Il condizionale è obbligatorio dato che ad oggi non è possibile sapere come le persone fragili verranno tutelate se la separazione tra assistenza e previdenza dovesse andare in porto.
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