Una carenza di vitamina D aumenta il rischio di contrarre un’infezione da Covid 19 e di dover affrontare lo sviluppo di una forma più aggressiva del virus.
Lo studio di riferimento è stato pubblicato sulla rivista The Journal of Clinical Endocrinology & Metabolism.
Si tratta di un circolo vizioso. I pazienti affetti da Long Covid presentano livelli ridotti di Vitamina D e, di conseguenza, sono più a rischio di ricadute. Lo studio è stato condotto presso l’IRCCS Ospedale San Raffaele dal professor Andrea Giustina e un team di ricercatori. Giustina è primario dell’Unità di Endocrinologia e professore ordinario di Endocrinologia e Malattie del Metabolismo.
L’indagine ha preso in esame mediante esami ematochimici lo status vitaminico D in due diversi gruppi di pazienti alcuni dei quali affetti da Long Covid mentre altri no. Nello specifico, lo studio è stato condotto sui campioni prelevati a sei mesi dalla dimissione ospedaliera legata al Covid 19.
Prima di addentrarci nell’indagine e di scoprire i risultati ricordiamo cos’è il Long Covid. Si tratta di una sindrome clinica che interessa tante persone che hanno avuto il Coronavirus. A distanza di più di quattro settimane dall’infezione acuta continuano a vedere la persistenza o l’insorgenza di segni e sintomi legati all’infezione.
Fatica, stanchezza, debolezza, dolori muscolari e articolari, mancanza di appetito sono alcuni dei sintomi del Long Covid. Aggiungiamo problemi respiratori, cardiovascolari, neurologici e gastrointestinali nonché psicologici. Generalmente i sintomi esordiscono entro tre mesi dall’infezione acuta e durano per altri due mesi.
Lo studio ha analizzato pazienti affetti da malattia acuta da Covid 19 di pari severità, con stesse caratteristiche demografiche e malattie croniche preesistenti al fine di arrivare ad ottenere dei risultati il più possibile precisi.
Nei pazienti con Long Covid si sono riscontrati livelli di Vitamina D inferiori rispetto ai pazienti senza sintomi. Tale carenza ha impatto specialmente sulla sfera neuro cognitiva. I risultati, dunque, dimostrano come bassi livelli di vitamina D si possono associare alla presenza della sindrome e ad un maggior rischio di insorgenza della stessa. Viene confermato, dunque, come l’ormone in questione sia determinante per la modulazione corretta del sistema immunitario e multi sistemico dell’organismo.
Significa che è bene alzare subito i livelli di vitamina D per evitare conseguenze spiacevoli.
La correlazione tra vitamina D e Long Covid non è la prima “scoperta” dell’Unità di Endocrinologia dell’IRCCS Ospedale San Raffaele. All’inizio della pandemia ha contribuito ad evidenziare come la carenza dell’ormone sia un fattore di rischio con obesità e diabete mellito per il Covid 19 severo. Non solo, la vitamina D può predire il rischio di peggioramento clinico nei soggetti con infezione da Covid ricoverati in ospedale in condizioni cliniche non severe.
In ultimo, i ricercatori del San Raffaele hanno individuato per primi la correlazione tra Covid e ipocalcemia sempre collegando la variazione dei valori alla carenza di vitamina D.
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