Un pensionato di Roccasecca ha fatto causa a Poste Italiane e ha vinto recuperando interessi dei Buoni Fruttiferi per 80 mila euro invece di 35 mila.
La Suprema Corte è dovuta intervenire in una questione tra un pensionato e Poste Italiane. La sentenza fa storia.
Il Tribunale Civile di Cassino ha accolto le tesi degli avvocati Giovanni di Murro e Michela Perrozzi riconoscendo il diritto dei titolari dei Buoni Fruttiferi Postali al rimborso in conformità dei saggi di interesse e delle condizioni riportate nel timbro apposto sugli stessi. I Buoni in questione sono quelli della serie P, Q/P e Q. Il cliente di Poste Italiane è stato, dunque, tutelato dalla Giurisprudenza. Vincendo la causa ha ottenuto il pagamento di un importo decisamente superiore rispetto la somma che l’azienda italiana avrebbe voluto erogare. Parliamo di 80 mila euro invece di 35 mila.
La battaglia è stata combattuta ma alla fine la Suprema Corte ha dato ragione al pensionato.
Il pensionato di Roccasecca – dopo aver scoperto che gli interessi previsti dal Buono in proprio possesso erano diventati illegittimi – si è recato presso un Ufficio Postale alla scadenza del prodotto. Avrebbe voluto ritirare capitale e interessi – iter abituale – ma l’operatore ha negato il pagamento della somma indicata nel Buono Fruttifero al momento della sottoscrizione.
L’uomo non si è accontentato della giustificazione data e si è rivolto agli avvocati Di Murro e Perrozzi. L’operatore ha richiamato la disciplina del Decreto 148 del 1986 che modificava unilateralmente in peius gli interessi pattuiti durante la sottoscrizione e applicava ai Buoni Postali delle serie antecedenti la serie Q tassi di interesse più bassi rispetto a quelli previsti per la serie Q stessa.
Poste Italiane ha disposto unilateralmente una variazione peggiorativa senza comunicare il cambiamento agli interessati né chiedere il consenso agli intestatari dei prodotti. La tesi difensiva, poi, sosteneva anche un altro punto.
Gli avvocati del pensionato di Roccasecca hanno specificato come il Titolo prevedeva la maturazione del capitale investito in percentuale di anno in anno utilizzando lo schema riportato in una specifica tabella. Avrebbe dovuto assicurare trascorsi venti anni (Buono Ordinario) la maturazione di un capitale importante da incrementare ulteriormente con gli interessi maturati ogni due mesi in caso di riscossione al 30esimo anno.
La somma destinata al pensionato, dunque, era di 80 mila euro e non di 35 mila euro, come indicato da Poste Italiane dopo la variazione peggiorativa non comunicata al cliente. Il Tribunale di Cassino ha dato ragione al cliente e obbligato l’azienda italiana a restituire l’intera somma.
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