Attraverso il cd. diritto di abitazione, la legge italiana prevede un’importantissima tutela al coniuge superstite. In cosa consiste?
L’art. 540 del Codice Civile attribuisce al coniuge superstite il diritto di abitazione della casa adibita a residenza familiare, se di proprietà del defunto o in comune.
Cosa succede, però, se, al momento della morte di uno dei coniugi, l’altro aveva la residenza anagrafica in un Comune differente?
Bisogna specificare che la normativa non stabilisce un obbligo per i coniugi di risiedere presso la stessa abitazione. La scelta della residenza anagrafica, infatti, riguarda esclusivamente ragioni fiscali (come , ad esempio, l’esenzione dall’IMU sulla prima casa).
Vediamo, dunque, quali sono le regole relative al diritto di abitazione per il coniuge superstite.
Due coniugi possono avere residenza anagrafica differente, magari per motivi lavorativi. Facciamo un esempio. Tizio si trasferisce da Roma a Milano e sposta la residenza anagrafica in quest’ultima città. La residenza familiare continuerà ad essere a Roma e, di conseguenza, in caso di morte della moglie, Tizio avrà diritto di abitazione presso l’immobile di Roma.
Questo perché dallo spostamento della residenza anagrafica per ragioni lavorative non si può desumere la volontà del marito di non abitare più nella casa coniugale (a Roma). Tizio, infatti, è costretto a trasferirsi solo per necessità professionali.
Il discorso, invece, è differente se Tizio si trasferisce a Milano in seguito a separazione legale dalla moglie. In tal caso, dunque, lo spostamento della residenza anagrafica in un’altra città è un chiaro segnale del rifiuto a preservare l’abitazione familiare a Roma. Ma quali conseguenza ha tale cambiamento sul diritto di abitazione?
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Secondo la legge e la giurisprudenza, il diritto di abitazione sancito dall’art. 540 del codice civile, non può sorgere nei confronti del coniuge che ha volontariamente cessato la convivenza e fissato la residenza in un posto diverso.
Per quanto riguarda il coniuge superstite, il diritto di abitazione sull’immobile coniugale si acquista in automatico, al momento dell’apertura della successione. A stabilirlo è proprio l’art. 540 del Codice Civile. Il diritto riguarda la casa che fungeva da residenza familiare e il presupposto necessario è che l’immobile e gli arredi siano “di proprietà del defunto o comuni ai coniugi“, anche se ci sono altri eredi.
In tal senso, il codice civile sottolinea che il coniuge superstite può continuare ad alloggiare presso l’abitazione che, prima dell’evento, era quella in cui la coppia aveva la residenza familiare (cd. casa coniugale).
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La Corte di Cassazione è più volte intervenuta sul tema.
Ad esempio, con la sentenza n. 13407/2014, ha stabilito che i diritti abitazione e d’uso per il coniuge superstite sono relativi solo alla proprietà che, prima della morte, era usata come casa familiare. Di conseguenza, si esclude dalla titolarità dei diritti il coniuge separato, se, a causa dell’interruzione della convivenza, non ha più senso parlare di residenza familiare.
Anche la sentenza della Cassazione civile n. 4088/2012 si rifà al concetto della residenza familiare, che è completamente differente da quello di residenza anagrafica. In tale ottica, il diritto di abitazione dell’art. 540, comma 2, del codice civile può riferirsi solo alla casa effettivamente usata come residenza familiare, prima della morte del coniuge.
A sostegno della necessità del principio della concretezza dell’uso della casa coniugale, è possibile citare anche la sentenza della Cassazione civile n. 2159/1998. In tal caso, i Giudici hanno ritenuto che i diritti spettanti alla parte superstite, ai sensi dell’art. 540 del codice civile, si riferiscono solo ed esclusivamente alla casa coniugale. Quest’ultima è intesa come quella in cui è effettivamente stabilita la residenza familiare.
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