Le ferie sono garantite dalla legge a tutti i lavoratori dipendenti. Sono previste sanzioni in caso di mancata fruizione?
È frequente che i lavoratori accumulino molti giorni di ferie che, tuttavia, vengono tassate in busta paga.
In questi casi, dunque, si subisce una riduzione dell’ordinario stipendio netto. Ma è corretto pagare tasse sulle ferie arretrate e non godute, considerando che quello al riposo retribuito è un diritto costituzionalmente garantito? È possibile, poi, dopo l’eventuale fruizione di tali giorni, recuperare la cifra decurtata? Analizziamo la disciplina normativa e cerchiamo di rispondere a tali quesiti.
Potrebbe interessarti anche: “Legge 104, di addio alle tue ferie: ecco chi non potrà andare in vacanza“.
Le ferie retribuite sono un diritto irrinunciabile di ciascun lavoratore. A stabilirlo è direttamente la Costituzione, all’art. 36. Di conseguenza, il datore non può decidere di non concederle e, allo stesso tempo il dipendente non può rinunciarvi. Può, al massimo, accantonarle per un certo periodo, per, poi, consumarle necessariamente.
Si tratta, dunque, di giorni di riposo (previsti da tutti i contratti di lavoro), grazie ai quali i lavoratori possono lecitamente assentarsi dal lavoro per dedicarsi alla vita privata.
Maturano ogni mese e la quantità minima di giorni di assenza spettanti è di 4 settimane all’anno (nello specifico, di 26 giorni). Deve trattarsi, inoltre, di un periodo:
Ciascun contratto collettivo di categoria, inoltre, può prevedere un numero maggiore di ferie (ma mai, ovviamente, meno di 4 settimane).
Non perdere il seguente approfondimento: “Lavoro domestico e ferie: la verità che non ti dicono sul calcolo della retribuzione“.
Il D.Lgs. 66/2003 stabilisce che ciascun lavoratore ha diritto ad almeno 4 settimane di ferie per ciascun anno lavorativo. Di queste settimane, tuttavia, almeno 2 devono essere consumate nell’arco dell’anno di maturazione; le rimanenti, invece, possono essere fruite entro 18 mesi dall’anno di riferimento.
All’obbligo di fruizione delle ferie entro determinati limiti temporali, si accompagna l’obbligazione contributiva da parte dell’INPS.
In pratica, il lavoratore deve consumare tutti i giorni di riposo dell’anno in corso e, in caso contrario, deve almeno pagare i contributi.
Facciamo un esempio, per comprendere il principio normativo. Delle settimane maturate nel 2021, Tizio deve consumarne almeno 2 nell’anno di riferimento e, le rimanenti, entro il 30 giugno 2023 (cioè, entro 18 mesi).
Le quattro settimane di ferie spettanti, non possono essere monetizzate, cioè retribuite in busta paga. Le uniche eccezioni si hanno nelle seguenti ipotesi:
Tranquillizziamo, tuttavia, i lettori, chiarendo che, al momento dell’effettiva consumazione del periodo feriale, ci sarà la restituzione dei contributi anticipati e, di conseguenza, un importo netto in busta paga maggiore (per compensare le trattenute precedenti).
Conoscere il numero di conto corrente è importante per gestire tutte le operazioni in entrata…
Novità sulla manovra: nel 2024 cambierà l’assetto e l’assegnazione dei bonus, più spazio alla famiglia…
Chi stabilisce quando un lavoratore può andare in ferie? Tutto quello che c'è da sapere…
Il congedo parentale funzionerà diversamente nel 2024: ecco cosa cambierà l'anno prossimo rispetto alla legge…
È allarme per milioni di italiani a rischio della truffa Postepay. Nessuno deve aprire il…
Negli episodi de La Promessa dal 6 al 10 novembre si svelerà un segreto sconvolgente:…