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Lifestyle

“Smombies”, sono fra noi: li incontri ovunque in città e sono pericolosissimi

Published by
Emiliano Fumaneri

Infestano le città e ne troviamo uno ad ogni angolo delle strade: sono gli zombie del terzo millennio e il loro numero continua ad aumentare.

Ma chi sono e di cosa si tratta? E come funziona questo nuovo contagio? Vediamolo insieme. Potremmo anche scoprire, in fondo, di essere già dei loro.

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Smombies, sono tra noi. Anzi, è facile che anche noi, senza volerlo, siamo nel numero di quelli che già sono stati chiamati gli zombie del terzo millennio.

In strada li riconosciamo facilmente: avanzano lentamente, muovendosi con un’andatura incerta e pericolante, a tratti decisamente goffa e sgraziata. Li vediamo spostarsi in maniera distratta, come se esitassero sempre. In generale sono poco reattivi rispetto agli stimoli del mondo circostante che, come si usa dire, gli “rimbalza” proprio addosso.

Ma qual è il motivo di un tale comportamento? Il morso di uno zombie 2.0? La fusione con un cyborg? ChatGPT ha preso possesso della loro mente? C’entra sempre la tecnologia, ma anche qualcosa di ancestrale, di magico. Semplicemente sono vittime dell’incantesimo del cellulare. Come testimonia il loro sguardo rapito, costantemente incollato allo schermo dello smartphone.

Col risultato, ammaliati come sono dal “sortilegio” high-tech, di risultare doppiamente pericolosi: per sé stessi e per gli altri.

Smombies, perché si chiamano così

La parola «smombie» è un neologismo coniato in Germania. Deriva dalla fusione di due termini: smartphone e zombie. Lo smombie è una persona che abbina il mulitasking all’uso compulsivo del cellulare.

Di recente è il termine smombie è entrato – di diritto, visto la diffusione sempre più capillare del fenomeno dei camminatori catturati dal cellulare – nella Treccani. Il celebre dizionario definisce così lo smombie: «Chi cammina per strada senza alzare lo sguardo dallo smartphone, rischiando di inciampare, scontrarsi con altre persone, attraversare la strada in modo pericoloso».

In sostanza questo termine indica un soggetto che mentre cammina fa mille altre cose con lo smartphone: controlla ansiosamente social e news di ogni genere, scrolla ogni tre per due lo schermo, risponde a vocali e messaggi di WhatsApp, guarda video, ascolta musica.

Insomma, fa di tutto meno che quello che bisognerebbe fare invece quando si cammina: stare attenti a quel che succede intorno a sé. Trasformandosi così in una sorta di catalizzatore di potenziali incidenti stradali di ogni tipo.

Smombies, il motivo per cui sono pericolosi

Totalmente incurante dei pericoli della strada, il pedone zombizzato dal telefonino vaga, se non alla cieca, con una soglia di attenzione paurosamente bassa. Qualcuno ha stimato che il campo di attenzione di un fruitore di smartphone sia ridotto al 15% di quello di un comune pedone. Come dire che lo smombie è un pericolo pubblico, una mina vagante su due gambe.

Facile immaginare a quale gamma di potenziali pericoli vada incontro chi si aggira per strada con lo sguardo perennemente incollato al display del cellulare: cadute, attraversamenti folli, scontri rovinosi con altri pedoni (soprattutto, va da sé, con altri smombies in libera uscita). Per non parlare degli urti con auto, moto, bici, monopattini, ecc. Con conseguenze a volte anche gravi.

Ecco come le città corrono ai ripari

La frequenza degli incidenti che vedono coinvolti gli smombies si è innalzata al punto che alcune città si sono viste costrette a correre ai ripari per cercare di contenere un fenomeno sempre più dilagante.

A cominciare dalle multe. Come hanno fatto nelle Hawaii, a Honolulu, dove gli smombies che provocano un incidente per strada si vedono notificare una multa pari all’equivalente di 30 euro nostrani. Una sanzione che sale a 90 euro in caso di recidiva.

Anche in Giappone gli smombies cominciano a entrare nel mirino delle autorità. A Yamato, ad esempio, i pedoni vengono invitati a non usare lo smartphone mentre stanno camminando. Per ora non è prevista alcuna multa: la città giapponese però ha lanciato una campagna di sensibilizzazione per disincentivare i pedoni a usare il telefonino.

Corsie riservate e semafori per gli smombies

Diversa la soluzione adottata in altri Paesi. Per esempio a Chongqing, in Cina, e ad Anversa, in Belgio, si è pensato a corsie appositamente riservate agli smombies. Chi cammina impugnando lo smartphone deve dunque seguire dei percorsi tracciati sui marciapiedi. Un modo per tenerli separati dai normali pedoni e limitare i danni.

In Corea del Sud, a Seoul, hanno pensato a un’altra soluzione ancora: installare agli incroci semafori luminosi per gli smombies. Per avvisare anche chi tiene lo sguardo basso che è arrivato il momento di attraversare la strada (e soprattutto quando non è il caso di attraversarla, se non si vuol essere falciati).

Un’app salvavita per gli zombie del terzo millennio

Non poteva mancare poi l’app per gli smombies. L’hanno lanciata sempre i sudcoreani: si tratta di un’applicazione per Android che impedisce agli smombies di usare lo smartphone in movimento. Come? Colpendoli in ciò che hanno di più caro. Ovvero col blocco del cellulare. Quando l’utente fa cinque o sette passi col telefonino in mano interviene l’app “Cyber Safety Zone”. E così, zac, scatta il blocco automatico dello smartphone. Per riprendere l’uso dell’amato dispositivo lo smombie deve per forza arrestare la sua marcia distratta e ad alto rischio per premere il pulsante di sblocco. Ad ogni modo lo smartphone bloccato in movimento permette di fare delle chiamate d’emergenza.

Ma non è la sola applicazione introdotta per cercare di circoscrivere il fenomeno degli zombie col telefonino. Ce ne sono altre di più innovative che grazie al supporto della telecamera dello smartphone e ai sensori installati agli incroci segnalano allo smombie di turno – con immagini sullo schermo o suoni – la presenza di potenziali rischi in strada. Insomma, qualcosa di simile ai sensori di parcheggio per le auto.

Lo smartphone in questo caso salva la vita dello smombie, troppo distratto dal suo adorato schermo per accorgersi magari dell’arrivo di un’auto che sta per travolgerlo. Ma è un po’ come un piromane che si improvvisa pompiere per spegnere l’incendio che ha appena appiccato. Un quadro surreale, certamente. Che però calza alla perfezione a un modo che si popola sempre più di gente che vive immersa nel digitale e connessa 24h al web. C’è da sperare in un salutare bagno di realtà.

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