Gli schermi degli smartphone sollecitano i nostri occhi. In troppi casi ben più del necessario. E le conseguenze non si fanno attendere.
Il potenziamento del settore della tecnologia mobile ha portato, negli anni, a disporre di strumenti sempre più performanti. E, per questo, meno invasivi in termini di effetti sulla salute umana.
Questo almeno in teoria. È chiaro che, nel momento in cui si utilizzano dispositivi tecnologici in modo prolungato, il rischio di contraccolpi dal punto di vista fisico e, perché no, anche psicologico, è sempre dietro l’angolo. Tanto più per i cellulari, smartphone o iPhone che siano, considerando l’uso reiterato che ne facciamo. Basti pensare che, secondo le statistiche del caso, un utente medio trascorre quasi 4 ore davanti allo schermo del proprio dispositivo (3 ore e 43 minuti per l’esattezza). Questo significa che, su una scala ipotetica della nostra giornata, una discreta parte la trascorreremmo fissando un display luminoso, per le ragioni più disparate. Basterebbe questo per dare il peso degli effetti (non solo) potenziali sulla nostra ista.
Negli anni, tra leggende metropolitane e rischi concreti, sull’azione dei cellulari sul nostro organismo si è detto davvero di tutto. A cominciare dai dispositivi più essenziali, dei quali si diceva non fosse idoneo tenerli nel taschino della propria camicia, fino agli smartphone più tecnologici, magari più raffinati ma con il dettaglio, non secondario, di un utilizzo giornaliero decisamente più massiccio. Il che, abbastanza evidentemente, pone di fronte al primo dubbio. Ossia, se gli effetti deleteri di tali dispositivi siano legati essenzialmente al loro uso prolungato. In realtà la risposta non è semplice.
Sul tema, il parere degli esperti è abbastanza concorde. L’uso prolungato dei display luminosi potrebbero, alla lunga, compromettere la capacità visiva di chi si espone a tale condizione. In questo senso, regolare il riverbero luminoso del proprio cellulare potrebbe essere una prima soluzione ma limitata rispetto all’uso pressoché perpetuo che si a degli schermi. Anche perché, accanto agli smartphone, va considerato l’effetto dei pc, che la maggior parte dei lavoratori utilizza, in modo più o meno frequente, durante la propria giornata. Gli schermi di un cellulare, con la loro luce blu (che consente una buona visuale anche sotto i raggi solari), sollecitano la retina in modo più incidente. E, per questo, il rischio di sviluppare disturbi come la miopia o l’astenopia è maggiore, qualora il sistema visivo non fosse riposato abbastanza tra un periodo di esposizione e l’altro.
La miopia, in particolare, interessa al momento circa 15 milioni di persone in Italia. Si tratta di un disturbo che provoca visione ridotta e sfocata degli oggetti osservati da lontano. E, chiaramente, un sovraccarico di luci blu sulla retina finirebbe per favorirne la presentazione. Se l’uso di un display di sera fosse necessario, l’impostazione della modalità notturna (un filtro che ammortizzerà la luce blu) potrebbe aiutarci a non sollecitare troppo la nostra retina. È chiaro, però, che dei semplici accorgimenti possono limitare l’incidenza delle luci blu sul sistema oculare ma non contrastare un uso continuato e oltre la soglia di prudenza di un dispositivo tecnologico, si tratti di uno smartphone o di un computer. Più saggio sarebbe limitare l’interazione diretta ai momenti di reale necessità. E, se proprio fosse impossibile farlo di giorno, evitare almeno di osservare la luce dei dispositivi troppo a lungo durante le ore notturne.
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