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Lifestyle

Deinfluencer, chi sono le nuove star di TikTok e perché spopolano sui social

Published by
Emiliano Fumaneri

Sono le nuove star di TikTok. Ma chi sono i “deinfluencer”? E perché stanno prendendo tanto piede sui social?

Si tratta di un fenomeno recente che sta mettendo a dura prova i “vecchi” influencer, che devono fare i conti con un ampio ventaglio di critiche per la loro attività pubblicitaria sui social network.

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Smaltita la sbornia iniziale, da qualche tempo il partito degli influencer, abituato a spadroneggiare sui social, deve fare i conti con un’insidiosa fronda interna: l’ascesa impetuosa dei cosiddetti “deinfluencer”. La competizione si annuncia serrata.

Eravamo rimasti a persone che grazie a un sapiente utilizzo dei social, da TikTok a Instagram, sono riuscite a costruirsi tutta una carriera. Come? Sfruttando a fondo le possibilità offerte dalla “influencer economy”. Ossia pubblicizzando in modo più o meno aperto ogni genere di prodotti e servizi: marche di moda, brand alimentari o tecnologici, ristoranti, locali, parrucchieri, ecc.

Un’attività pubblicitaria resa possibile dalla popolarità guadagnata online dagli influencer. Senza contare chi ha provato a spendere anche politicamente il patrimonio di consensi ricavato grazie ai social cercando di “influenzare” anche la politica. Per non parlare dei politici che hanno cercato di guadagnare consensi convertendosi a loro volta in “influencer” dell’ultima ora. Un tentativo messo in pratica soprattutto in tempi di campagna elettorale, ma questo è un altro discorso.

Deinfluencer: cosa fanno su TikTok

Da un po’ di tempo il regno degli influencer è insidiato però dal partito antagonista dei deinflunecer. Insomma, sono i rottamatori degli influencer: applicano al mondo dei social il metodo del «debunking». Ovvero sfatano miti, demistificano, smontano pensieri, informazioni e parole false o trasmesse in maniera acritica. In altre parole un deinfluencer è una persona che fa anti-promozione (o contro-promozione).

Se l’influencer consiglia ai suoi follower cosa comprare, il deinfluencer consiglia cosa non comprare. O al limite consiglia alternative più economiche e performanti dopo aver “smontato” le recensioni decisamente esagerate – magari perché “gonfiate” dalla leva del dio quattrino a suon di provvigioni, sconti e omaggi – degli influencer.

Deinfluencer: come è nato il loro trend

Su TikTok il “deinfluencing” fa tendenza. Il trend è sempre più virale, in particolare per quel che riguarda fashion, beauty e lifestyle. Qual è l’obiettivo dei deinfluencer? Principalmente mettere un freno al consumismo esasperato e alla corsa allo shopping, accendendo i fari anche sulla sostenibilità dei prodotti pubblicizzati dagli influencer.

Come ha fatto ad esempio, a inizio 2023, la content creator Shelbi Orme. In un video che ha avuto 100 milioni di visualizzazioni Orme ha puntato il dito sull’impatto ambientale, così come sullo scarso dei diritti umani, delle industrie del “fast fashion” e del “fast make-up”. Soprattutto nel secondo caso, ha sottolineato la deinfluencer, se ne sa ben poco.

Insomma, l’aria che tira è quella di chi indica che il re è nudo. Dopo l’uscita di Orme, su TikTok sono stati soprattutto i beauty influencer i più presi di mira dai loro antagonisti. Non si salva nessuno: i deinfluencer passano al setaccio recensioni e sponsorizzazioni video evocando lo spettro della pubblicità ingannevole.

Ne ha fatto le spese la truccatrice (seguita da milioni di utenti su TikTok) Mikayla Nogueira. Criticatissima dopo aver postato un video per pubblicizzare un mascara che, a quanto diceva, avrebbe dovuto produrre un effetto da “ciglia finte”. È finita nella bufera sui social dato che una fetta considerevole degli utenti la accusa di aver fatto della pubblicità ingannevole. Secondo i critici, infatti, tra una clip e l’altra per montare il video Nogueira nel frattempo si sarebbe appiccicata un bel paio di ciglia finte.

Deinfluencer: le nuove star di TikTok

Ormai si contano a migliaia i video di TikTok con l’hashtag #deinfluencing. Alcuni hanno ricevuto anche milioni di visualizzazioni. E l’ondata del deinfluencing sembra non volersi arrestare. La triade beauty-fashion-lifestyle ormai sta stretta ai deinfluencer, che si stanno allargando anche ad altri tipi di prodotti acquistabili in rete.

Tra le star del movimento ci sono Alyssa Kromelis (@alyssastephanie) e Valeria Fride (@valeriafride), vere portavoce dei deinfluencer. I loro video dove smitizzano prodotti del beauty “viralizzati” su TikTik sono stati visualizzati da milioni di utenti. Le due ragazze suggeriscono ai tiktoker cosa non dovrebbero comprare offrendo loro alternative più a buon mercato, ma altrettanto efficaci. Così hanno suscitato una marea di commenti di approvazione, coi follower che non la smettono di chiedere altri video del genere deinfluencing.

I dolori dei deinfluencer: quando anche i critici vengono criticati

Naturalmente non è tutto oro quel che luccica. La vertiginosa ascesa dei deinfluncer ha fatto partire anche una riflessione critica che finisce per accomunarli, bon gré mal gré, proprio ai loro avversari: gli influencer. Anche i deinfluencer infatti “influenzano” la community di TikTok con i loro contenuti e le loro valutazioni. In particolare nei video dove altri prodotti “alternativi” vengono consigliati al posto di quelli “smontati” dai deinfluencer.

Qual è allora la differenza, insinuano i critici, tra gli influencer di ieri e i deinfluencer di oggi? Facendo pubblicità negativa non fanno anche loro, comunque, della pubblicità? A loro difesa i diretti interessanti replicano che i deinfluencer non vogliono consigliare cosa acquistare. Si limitano a fornire un giudizio privo di condizionamenti sui prodotti, criticandoli se serve, e a consigliare alternative low cost. Che però, a loro detta, non sono “consigli per gli acquisti” o suggerimenti, ma prodotti che si limitano solo a citare.

In attesa che sorgano i de-deinfluencer a rottamare anche loro, forse una chiave di lettura per capire il successo di questo fenomeno può essere il duro impatto della crisi economica, che ha spinto tantissimi a cercare versioni meno care dei loro articoli preferiti, senza però voler rinunciare alla qualità. Staremo a vedere se si tratta di un fenomeno passeggero oppure se la “deinfluencer economy” finirà per imporsi come una valida alternativa alla “influencer economy”.

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