Se il prestito venisse rifiutato, dopo quanto tempo il cittadino può provare ad inoltrare una nuova richiesta?
La banca eroga un finanziamento solo al sussistere di determinate condizioni. Come comportarsi in caso di rifiuto?
La domanda di prestito è diventata prassi comune negli ultimi anni, già prima dello scoppio della guerra in Ucraina. L’aumento del costo della vita, poi, ha reso ancora più complicato per gli italiani mettere da parte la liquidità necessaria per non dover richiedere un finanziamento in caso di spesa improvvisa o per soddisfare un desiderio. I cittadini chiedono prestiti per acquistare auto, ristrutturare una stanza di casa, fare un viaggio. Qualunque sia la necessità, la banca prima di concedere il denaro valuterà con attenzione la situazione creditizia del possibile cliente.
Più alto sarà l’importo richiesto maggiori saranno le verifiche dell’istituto di credito. Questo, infatti, dovrà accertare che il richiedente possa saldare il debito senza rischi di insolvenza. Solo dopo aver controllato la documentazione reddituale comunicherà, dunque, l’esito positivo o negativo.
Se la banca dovesse negare un prestito, il nome del richiedente verrebbe inserito nel CRIF-Sistema di Informazioni Creditizie. Tale condizione durerebbe circa trenta giorni. Una volta trascorso questo lasso di tempo, l’identità verrebbe cancellata. Significa, dunque, che il cittadino dovrà attendere un mese prima di poter inoltrare nuovamente domanda di prestito dopo un primo rifiuto.
Non occorre preoccuparsi troppo della segnalazione nel CRIF. Non significa, infatti, essere cattivi pagatori. La procedura è obbligatoria per le banche semplicemente al fine di informare gli altri istituti della decisione presa. Ognuno di noi può controllare gratuitamente un’eventuale iscrizione nel Sistema di Informazioni Creditizie. Le aziende, invece, dovranno pagare un importo compreso tra 4 e 10 euro.
Prima di presentare una nuova domanda è bene capire la motivazione che ha spinto la banca a rifiutare il prestito. Solo in questo modo si eviterà di incorrere in un secondo “no”. Tra le cause più comuni segnaliamo
Conoscendo la causa del “no” della banca sarà possibile porvi rimedio nel mese di attesa – dove possibile. Ricordiamo che la busta paga da lavoro dipendente a tempo indeterminato è tra le migliori garanzie che si possano fornire.
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