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Economia

Legge 104 e rifiuto del trasferimento: una sentenza stravolge tutto

Published by
Antonia Festa

La Legge 104 consente al lavoratore beneficiario di scegliere la sede di lavoro più vicina e attribuisce il diritto a non essere trasferito. A quali condizioni?

La Legge 104, tra le altre garanzie, consente ai lavoratori caregivers di familiari disabili di conciliare l’attività professionale con le esigenze di assistenza.

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A tal fine, gli interessati hanno la facoltà di scegliere la sede di lavoro più vicina al domicilio del disabile.

Allo stesso modo, possono rifiutare il trasferimento non consensuale. Ma cosa stabilisce, al riguardo, l’art.33, comma 5, della Legge 104? Quali sono i diritti e gli obblighi dei dipendenti caregivers? Analizziamo la disciplina normativa, alla luce di una sentenza del Tribunale di Siena, che ha introdotto un’importante novità.

Legge 104 e scelta della sede di lavoro

Prima di analizzare le opportunità in ambito lavorativo riservate ai portatori di handicap e ai loro familiari, è opportuno sottolineare che non tutti possono beneficiare di tali vantaggi. È obbligatorio, infatti, che il disabile necessiti di assistenza costante e continuativa e che sia affetto da handicap grave, ai sensi dell’art. 3, comma 3, della Legge 104/1992.

Ad esempio, Caio è il padre di un minore che ha bisogno di cure costanti , perché colpito da disabilità grave. In tal caso, potrà esercitare il diritto previsto dall’art.33, comma 5 della Legge 104.

La norma, infatti, stabilisce che il genitore o il familiare lavoratore dipendente che accudisce, in maniera continuativa, un parente o un affine entro il terzo grado convivente affetto da disabilità, può scegliere la sede di lavoro più vicina al domicilio dell’assistito.

Riprendendo l’esempio precedentemente proposto, Caio è caregiver del figlio disabile ed è dipendente di un’azienda che ha varie filiali su tutto il territorio nazionale. Per mezzo della Legge 104, può richiedere di prestare servizio presso la sede lavorativa più vicina alla propria abitazione.

Rifiuto al trasferimento non consensuale: si tratta di un diritto assoluto?

La norma sancisce anche che il lavoratore dipendente beneficiario della Legge 104 non può essere trasferito in una nuova sede senza il proprio consenso. Bisogna sottolineare, tuttavia, che non si tratta di un diritto assoluto. A stabilirlo è la sentenza n. 28 del 21.03.2022 del Tribunale di Siena.

Per i Giudici, infatti, le esigenze del lavoratore devono essere bilanciate con i bisogni e gli obblighi organizzativi e produttivi dell’azienda. Sulla base di tale principio del bilanciamento degli interessi, se il datore di lavoro motiva il trasferimento con impellenti bisogni economici e organizzativi, il lavoratore non può sottrarsi e, dunque, non può opporsi allo spostamento. Di conseguenza, il diritto alla mobilità sancito dall’art. 33, comma 5, della Legge 104 del 1992, non può essere esercitato in danno all’azienda.

Per esempio, se dal trasferimento di Tizio presso la sede più vicina al luogo in cui si trova il disabile dovesse derivare un notevole pregiudizio per la produttività, tale facoltà può essere negata. Questo vale, in particolar modo, per i rapporti di lavoro pubblico, per i quali, in caso di danni all’organizzazione, potrebbero derivare ricadute sull’intera collettività.

Leggi anche: “Legge 104, dall’accertamento ai benefici riconosciuti: una panoramica completa“.

Necessità di bilanciamento degli interessi

Per comprendere al meglio il principio di bilanciamento degli interessi tra lavoratore cargiver e datore di lavoro, è utile fare un ulteriore esempio.

Maria è un’infermiera in servizio presso una struttura ospedaliera e, allo stesso tempo, accudisce la madre disabile grave. L’ospedale le comunica che dovrà trasferirsi in una sede più lontana dalla sua residenza (e quella della madre). Maria, allora, ricorre all’art. 33, comma 5, della Legge 104 e richiede di restare nella sede lavorativa attuale.

L’Amministrazione datore di lavoro, tuttavia, dispone il trasferimento per sopperire ad una carenza di personale in tale sede. In questo caso, le necessità organizzative dell’ospedale sono palesemente in conflitto con il diritto fatto valere da Maria.

È necessario, quindi, bilanciare l’interesse dell’infermiera con quello della struttura ospedaliera. Nell’ipotesi in cui il trasferimento crei un pregiudizio al datore di lavoro, la facoltà di Maria può essere limitata.

Attenzione, questo non vuol dire rinunciare definitamente al proprio ruolo di caregiver. Il datore e il dipendente, infatti, possono sempre accordarsi per ideare diverse soluzioni. Un compromesso, ad esempio, sarebbe riorganizzare l’orario di lavoro, oppure concedere il lavoro da remoto o, ancora, ridefinire le mansioni da svolgere.

Legge 104 e diritti dei dipendenti: i compiti del datore di lavoro

Il datore di lavoro svolge un ruolo importantissimo per la salvaguardia dei diritti dei lavoratori beneficiari della Legge 104. Deve, infatti, ascoltare le esigenze dei propri dipendenti, nel rispetto delle norme vigenti. L’obiettivo primario, dunque, deve essere il mantenimento dell’equilibrio tra l’assistenza del lavoratore e il giusto funzionamento dell’apparato organizzativo.

Allo stesso tempo, i lavoratori devono essere consapevoli dei propri diritti ma anche della circostanza che l’esercizio delle loro facoltà non può, in alcun modo, recare danni economici e produttivi all’azienda. Per questo motivo, se le situazioni lo richiedono, potrebbero dover rinunciare ad alcune agevolazioni.

In ogni caso, è sempre opportuno segnalare al datore eventuali esigenze e documentare la propria situazione familiare, per trovare soluzioni che vadano bene ad entrambi.

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