Le banane sono un frutto gettonatissimo sulle tavole italiane. Ma attenzione alla quantità che ne acquistate perché non potete immaginare che cosa ci sia dietro la loro produzione.
Tra i frutti più popolari e diffusi sul mercato globale c’è la banana. Nei supermercati ce ne sono di varia maturazione: verdi, gialle, con punti neri, senza ammaccature, ma tutti i tipi sono considerati sani, naturali ed essenziali per la dieta. Un alimento perfetto se non fosse che si tratta di un frutto tropicale che porta con sé delle conseguenze le quali non bisogna soprassedere.
Ci sono persone, soprattutto gli sportivi, che consumano banane quotidianamente per via dei tanti benefici in quanto sono ricche di potassio e nutrienti, anche se ha molte calorie e zuccheri per essere un frutto. Il vero problema, però, non riguarda solamente l’apporto energetico, ma la sua sostenibilità.
Il cibo è un frutto tropicale, questo vuol dire che per averlo sulle nostre tavole bisogna farlo arrivare dai luoghi di produzione come Colombia e Filippine, paesi che sono i maggiori fornitori di caschi di banane all’Unione Europea, o come l’India che è il più grande produttore a livello internazionale. In tutti questi Stati, i lavoratori che seguono il processo di piantagione vivono in condizioni di sfruttamento.
Il commercio e l’esportazione delle banane durano tutto l’anno e il mercato è importante e imponente. In Italia, ogni anno, arrivano circa 630mila tonnellate, una media di 60 banane mangiate in dodici mesi. La traversata di questi frutti per farli arrivare sulla tua tavola dura giorni interi, a volte anche un mese.
Per conservarle, vengono riversati i pesticidi sulle piantagioni tramite gli aerei che volano a bassa quota per coprire tutta la coltivazione. Si tratta di sostanze inquinanti che raggiungono facilmente anche i villaggi e le foreste che circondano l’area dei campi. La zona contaminata, in questo modo, diventa molto più ampia e la biodiversità non può non risentirne.
Un’altra polemica riguardo la produzione delle banane riguarda i diritti dei lavoratori che sarebbero inesistenti. A far emergere questo dato è stato un rapporto di Oxfam datato 2016 sottolineando che il salario mensile di un lavoratore impegnato nelle piantagioni è di solamente 366 dollari. Questi lavoratori non sono aiutati nemmeno dalle nuove agevolazioni governative mirate a sostenere i proprietari terrieri, garantendo loro una maggiore flessibilità.
A risentire si questa situazione sono anche le piccole aziende, le quali faticano a sostenere i ritmi di un mercato che richiama i prezzi al ribasso. Alcuni di questi piccoli imprenditori sono costretti a vendere i loro terreni, proprio per la fatica nel portare avanti i contratti imposti dai grossisti all’interno del settore. Un destino comune a quello di molti altri frutti esotici.
In tutto ciò, c’è da dire che le ultime analisi sottolineano un trend negativo sul consumo dei prodotti di ortofrutta pubblicato dall’osservatorio di mercato di CSO Italy, facendo emergere che sempre più italiani decidono di non consumare frutta e verdura.
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