Sì ai redditi derivanti da locazione breve ma solo per intervento di un intermediario. Con qualche differenza tra proprietari e comodatari.
Le procedure per stipulare un contratto d’affitto tengono conto di tutte le variabili. Inclusa la possibilità che la locazione sia per un periodo esiguo.
È il caso della locazione breve, un contratto destinato all’uso abitativo di un immobile per una durata non superiore a 30 giorni, stipulato unicamente da persone fisiche al di fuori dell’esercizio di impresa. Si tratta, a ogni modo, di un contratto d’affitto a tutti gli effetti, dal quale, per il titolare dell’immobile, scaturisce un reddito derivante dalla corresponsione del dovuto da parte del locatario. In quanto tale, la locazione breve (ex art. 4 del Dl 50/2017) consente l’applicazione di un regime a cedolare secca, con riferimento all’imposta sostitutiva del 21% applicata alle locazioni di immobili a uso abitativo. In sostanza, l’accordo stipulato e l’importo che ne deriva, contribuente alla formazione del proprio reddito, dovrà figurare nella Dichiarazione dei redditi, sia pure a debite condizioni.
Un primo punto chiave, in questo senso, è stato fissato al 23 maggio 2022, quando il Modello 730 precompilato è stato integrato con i redditi derivanti da locazioni brevi, anche se con riferimento ai contratti stipulati tramite intervento di un intermediario. In questo senso, erano stati inquadrati come tali anche i portali telematici, inclusi quelli specializzati (Airnb) nel regolare la locazione per tempi brevi (ad esempio le vacanze estive). A ogni modo, ora come un anno fa, resta indispensabile il requisito della mensilità: una locazione breve, per essere considerata tale, dovrà figurare per un periodo non superiore a 30 giorni, con riferimento a ogni singolo contratto di locazione.
Posto che le condizioni per un contratto d’affitto in locazione breve dovranno rispettare obbligatoriamente i principi generali della dicitura stessa, per quel che riguarda l’inserimento nella precompilata per le dichiarazioni reddituali dell’anno 2023 (con riferimento al precedente anno di imposta), sarà a cura degli intermediari l’inserimento di una ritenuta del 21% sui canoni corrisposti al locatorio, rilasciando al contempo al locatore una certificazione unica indicante le ritenute a carico dell’affittuario. Saranno tali dati a essere inseriti nella dichiarazione precompilata e a conformare il reddito derivante da una locazione breve. Nello specifico, tali dati saranno individuabili alle seguenti voci del Modello per le persone fisiche:
Appare dunque evidente come il requisito della titolarità dell’immobile non sia una condizione obbligatoria. Anche il comodatario potrà, individuato nella Certificazione unica come “locatore non proprietario”, potrà quindi accedere alla tassazione sostitutiva pari al 21%, con facoltà di accedere a quella ordinaria se ritenuta più conveniente.
Se l’opzione prescelta fosse la tassazione al 21%, sarà implicito il rispetto delle condizioni che ne consentono l’applicazione. Nello specifico, la fornitura di alcuni servizi paralleli e complementari alla messa a disposizione dell’immobile. Si parla, ad esempio, di utenze, wi-fi, aria condizionata e prestazioni di pulizia dei locali. Occorre però precisare che, in caso di servizi aggiuntivi rispetto a quelli ammessi, la cedolare secca non sarà più applicabile. Questo vale per ogni tipologia di locatore. Ciò che segna il punto di separazione tra le figure di proprietario e comodatario, è l’attribuzione del principio di cassa o competenza. Quest’ultimo, infatti, riguarda unicamente il caso del locatore proprietario dell’immobile. In tutti gli altri casi, a prescindere dal periodo della locazione, il periodo d’imposta di riferimento sarà lo stesso nel quale il canone è stato percepito.
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