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Economia

Disabilità, invalidità o handicap? Cosa cambia a norma di Legge

Published by
Damiano Mattana

Invalidità, disabilità oppure stato di handicap? Non solo le tre definizioni differiscono ma fanno anche capo a leggi diverse.

Nonostante indichino concetti tutto sommato prossimi tra loro, a norma di legge occorre operare una distinzione anche abbastanza netta fra i termini identificativi delle proprie condizioni di salute.

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Anche per usufruire di determinate agevolazioni, figurare come soggetto con disabilità, invalido civile oppure portatore di handicap potrebbe fare enorme differenza. Anche perché le normative stesse che regolano l’accesso ai benefici e alle semplificazioni variano a seconda di quale sia la categoria di appartenenza. Una distinzione che, tuttavia, non sempre risulta chiara, nemmeno agli stessi potenziali beneficiari delle agevolazioni in questione. Nello specifico, i distinguo vanno effettuati sulla base di precise definizioni e accertamenti da parte di differenti commissioni mediche. In prima istanza, sarà la Asl a occuparsi delle verifiche del soggetto, demandando poi alle varie commissioni interessate gli approfondimenti ritenuti opportuni per determinare il quadro sanitario complessivo.

Gli accertamenti in questione sono volti proprio alla definizione dello stato effettivo del richiedente e utili a determinare se il soggetto sia in condizioni di disabilità, invalido di tipo civile oppure portatore di handicap. La base comune, al fine dell’istanza volta all’ottenimento delle agevolazioni previste per tali casi (dai permessi retribuiti alle esenzioni sui ticket sanitari), resta il certificato medico, da utilizzare per accertare a quale delle tre categorie (o perfino tutte e tre contestualmente) appartenga il paziente. Chiaramente, ognuna delle tre situazioni fa riferimento a diverse definizioni.

Disabilità, invalidità civile, handicap: le tre definizioni

Il quadro è abbastanza complesso, se non altro per la possibilità di sovrapporre i significati dei termini. Tuttavia, sulla base delle normative vigenti, non solo la distinzione esiste ma determina in modo decisivo il quadro agevolativo entro il quale il paziente può muoversi. In linea generale, le distinzioni fanno capo anche a provvedimenti legislativi diversi:

  • invalidità civile (D. Lgs. 509/1988): fa riferimento a menomazioni, perdite o anomalie di una struttura o di una funzione, che possono interessare tanto il piano anatomico quanto quello fisiologico;
  • disabilità (legge n. 68/1999): si riferisce a patologie più o meno gravi che, di per sé, non compromettono la capacità generale di inserimento sul lavoro, da commisurare comunque alla patologia stessa;
  • handicap (legge 104/1992): subentra qualora la menomazione impedisse o rendesse complicato l’inserimento lavorativo e sociale, proprio a causa della patologia.

Questo in linea di massima. Risulta però evidente come la questione vada a bilanciarsi essenzialmente sul piano normativo, posto che patire condizioni di menomazione o impedimento, in modo più o meno serio, crea di per sé delle difficoltà riconosciute dalla legge. E, per questo, direttamente beneficiarie, in proporzione al proprio stato di salute, di una serie di facilitazioni volte a semplificare il disbrigo delle proprie mansioni.

Invalidità civile

Il concetto di invalidità civile, così come gli altri in questione, fa riferimento, indifferentemente a persone maggiorenni o minorenni che abbiano subito una disfunzione, menomazione o anomalia in grado di compromettere la propria capacità di autosufficienza. L’invalidità andrà riconosciuta su apposita valutazione da parte di una commissione medica e sarà espressa in percentuali che vanno da un minimo del 33% a un massimo del 100%, a seconda della patologia. Secondo il D. Lgs. 509/1988, tale determinazione andrà basata non solo in relazione al quadro sanitario ma anche in rapporto all’importanza che tale perdita riveste sulla propria capacità lavorativa. Se la difficoltà fosse permanente e in grado di compromettere in toto le proprie mansioni, il riconoscimento di invalidità civile potrebbe toccare anche il 100%. Questo, a ogni modo, non preclude di per sé la possibilità di inserimento nel mondo del lavoro, in un’ottica di inclusività. L’invalidità civile, in sostanza, non sarà incompatibile con l’attività lavorativa.

Disabilità

La principale differenza tra invalidità e disabilità, riguarda proprio la commisurazione dello stato patologico all’inserimento nel mondo del lavoro. Secondo quanto previsto dalla legge n. 68 del 1999, infatti, l’accertamento delle condizioni di disabilità è volto proprio ad agevolare il collocamento sulla base delle esigenze fisiche. La valutazione da parte della commissione, in sostanza, sarà finalizzata a determinare la capacità globale, attuale e potenziale per l’inserimento lavorativo del disabile. Tenendo presente che, sulla base della stessa legge, le aziende con più di 15 dipendenti sono tenute ad assumere una percentuale di personale con disabilità, allo scopo di facilitarne l’inserimento nel mercato del lavoro. Per far questo, però, è necessario che il disabile sia iscritto alle liste speciali del collocamento mirato, in modo subordinato all’accertamento della disabilità stessa.

Handicap

Lo stato di handicap fa capo direttamente alla Legge 194 del 1992, la più ampia in termini di agevolazioni mirate ai soggetti disabili o invalidi. Nello specifico, si fa riferimento a una condizione di svantaggio sociale dovuta a una particolare menomazione o impedimento fisico o psichico-sensoriale. La valutazione, in questo senso, determinerà sia la percentuale di invalidità attribuita che la connotazione eventuale di una situazione di handicap grave anche nel caso in cui la malattia non abbia di per sé dato luogo a un 100% di invalidità. Questo perché la difficoltà patita corrisponderebbe in egual modo a un inserimento complicato nel mondo del lavoro.

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