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Economia

Pensione, la RITA gioca sull’anticipo: fuori dal lavoro 5 anni prima

Published by
Damiano Mattana

La Rendita Integrativa Temporanea Anticipata (RITA) permette un’uscita anticipata dal lavoro fino a 10 anni. Ma conviene davvero?

Una Quota sostitutiva della vecchia 100 e una serie di strumenti utili all’anticipo. Al momento è questo l’ABC del sistema pensioni italiano, aspettando l’inquadramento dei vari meccanismi in una riforma più strutturata.

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Tuttavia, per quanto le possibilità a disposizione siano diverse, non tutte saltano immediatamente all’occhio dei contribuenti. I quali, pur maturando requisiti potenzialmente validi per rientrare nel novero di alcuni trattamenti, finiscono per soprassedere in modo involontario, quando in realtà vi sarebbe l’opportunità di sganciarsi dal lavoro in modo anticipato e di diversi anni sulla tabella di marcia. Una di queste possibilità è garantita dalla Rendita Integrativa Temporanea Anticipata, meglio nota come RITA, ossia la concessione frazionata del montante accumulato per i tempi che intercorrono fra l’accettazione della richiesta e il conseguimento dell’età anagrafica per la pensione ordinaria. Con riferimento, chiaramente, al sistema pensionistico di appartenenza. Montante che potrà essere concesso in parte o in forma piena.

Si parla, a tutti gli effetti, di una rendita prevista su una forma pensionistica, erogabile fino al raggiungimento della soglia valida per la pensione di anzianità. Concessa, però, al manifestarsi di determinati e inderogabili condizioni. Prima di tutto la cessazione dell’attività lavorativa: durante la percezione della RITA, il richiedente non potrà continuare a svolgere le proprie mansioni, nemmeno in forma parziale. Inoltre, il beneficiario dovrà raggiungere l’età anagrafica valida per la pensione di vecchiaia nel proprio regime di appartenenza entro e non oltre i successivi cinque anni dalla cessazione dell’attività lavorativa. Previsti anche alcuni requisiti contributivi: 20 anni di minimo, oppure 5 di partecipazione alla previdenza complementare.

In pensione fino a cinque anni prima: cosa prevede la RITA

È piuttosto evidente come la Rendita consenta di accedere alla pensione con un margine di cinque anni di anticipo. Peraltro anche a condizioni differenti rispetto a quelle sopraelencate, considerando che alla RITA potranno aderire coloro in stato di inoccupazione per un periodo superiore a 24 mesi e i lavoratori che matureranno entro i dieci anni successivi l’età anagrafica per la pensione di vecchiaia. La condizione essenziale per la richiesta, in pratica, è la non sussistenza di uno stato di occupazione. Chi richiede la RITA non dovrà figurare come lavoratore ma, al tempo stesso, nemmeno come avente diritto alla pensione di vecchiaia. La Rendita Integrativa funzionerà come un ponte fra l’uscita dal mondo del lavoro e il trattamento pensionistico ordinario, solo se quest’ultimo fosse distante rispettivamente cinque o dieci anni.

Un ulteriore vantaggio della RITA riguarda la non cumulabilità con altre misure di pensionamento anticipato. L’unico trattamento antitetico rispetto alla Rendita è quello della pensione di anzianità, al raggiungimento della quale cesseranno gli effetti. Qualora un lavoratore percepisse altre forme di indennità come quelle previste dall’Ape Sociale o, per le lavoratrici, Opzione Donna, la normativa vigente sul sistema pensionistico consentirà ugualmente la richiesta della RITA. Questo varrà anche per tutti gli altri fondi pensione ai quali il contribuente risulterà iscritto e nel quale avrà provveduto al proprio accumulo da convertire in Rendita Temporanea Integrativa. Il lavorare avrà la possibilità di convertire somme in forma piena o parziale, dalle quali dipenderà il valore della rendita, che verrà erogata dal gestore del fondo pensione piuttosto che da un’impresa assicurativa. Condizione evidente dal momento che la RITA non figura come rendita vitalizia.

Un esempio di rendita integrativa temporanea anticipata

Dalle somme accumulate sui fondi pensione dipenderà il valore del trattamento temporaneo. Il quale, a fronte di cifre variabili, potrebbe potenzialmente risultare più elevato dell’assegno ordinario. Ad esempio, se un lavoratore avesse accumulato una somma pari a 60 mila su fondo pensione e decidesse di convertire in RITA il 100% dell’importo, otterrebbe un importo annuale lordo pari a 12 mila euro. Il che significa una rendita di 3 mila euro netti, trimestrale, per i 5 anni mancanti alla pensione di vecchiaia. Sullo stesso importo, ma tenendo conto di una tempistica di 10 anni mancanti per il raggiungimento dell’età pensionabile, la rata scenderebbe a una comunque ragguardevole quota di 1.500 euro.

Agevolazioni fiscali sulla RITA

Naturalmente, l’aver accumulato somme sufficienti a garantirsi una rendita sarà la pietra d’angolo per capire se la RITA possa essere realmente efficace. Questo perché uscire dal lavoro senza aver raggiunto, anche se di poco, l’età per la pensione anticipata, significherà rinunciare a un reddito derivante da attività lavorativa e, chiaramente, da trattamento pensionistico. Andrà inoltre valutato (ma questo dipende dal fondo pensione) l’eventuale importo una tantum previsto sulla rata. Ammortizzabile, comunque, con una tassazione agevolata riconosciuta alla RITA, alla quale si applica la ritenuta a titolo d’imposta con aliquota al 15%, decisamente più bassa rispetto alle aliquote ordinarie. Prevista anche la riduzione dello 0,30% per tutti gli anni di partecipazione al fondo successivi al quindicesimo.

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