Chi assiste un familiare disabile può richiedere l’esonero dal lavoro notturno? La Legge 104 prevede anche casi simili.
Non è semplice lavorare di notte. Nemmeno per coloro che svolgono mansioni che, teoricamente, su turnazione richiedono di prestare il proprio servizio durante le ore di oscurità.
Impatto psicologico, psicofisico, fisiologico… Le motivazioni possono essere davvero le più diverse per non apprezzare i turni di lavoro durante le ore notturne. Il che, se per alcuni mestieri è questione di priorità, per altri può rappresentare semplicemente un’alternativa. Ciò che va definito, però, sono i margini di movimento e, soprattutto, le casistiche in cui il lavoratore potrebbe usufruire di un esonero da tali prestazioni. Inevitabilmente, il pensiero va alla Legge 104 e a tutti coloro che ne beneficiano, da chi possiede una percentuale di invalidità certificata a chi, in caso, presta la propria assistenza a un parente disabile. Non è un mistero, infatti, che i destinatari delle misure introdotte con la legge del 1992 godano di particolari benefici connessi alla propria attività lavorativa. In primis, la possibilità di usufruire di permessi retribuiti, fino a tre nell’arco di un mese di lavoro.
Un’indennità che potrebbe essere addirittura potenziata nel caso in cui il soggetto fosse soggetto a turnazioni notturne. Perlopiù si parla di chi beneficia della 104 come persona preposta all’assistenza diretta di un familiare invalido. E, in tal senso, con diritto di poter richiedere l’esonero dal lavoro di notte. Un passaggio chiaro della normativa vigente in merito, ossia quella regolante le prestazioni del lavoratore durante le 7 ore consecutive previste tra la mezzanotte e le cinque del mattino. Coloro che avessero un soggetto disabile a carico, non saranno tenuti, in forma obbligatoria, a svolgere le proprie mansioni in tale fascia oraria. Questo, però, non significa che si tratti di un esonero automatico.
Un’ulteriore forma di tutela prevista dalla legge. Potrebbe essere definito così il nesso fra 104 ed esonero dal lavoro durante le ore notturne. Una precisazione a riguardo da parte del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali ha comunque fissato alcuni paletti che riguardano, innanzitutto, l’obbligo di richiesta da parte del lavoratore che intenderà beneficiare di tale indennità. Sarà suo compito, infatti, provvedere a richiedere l’affrancamento dalla prestazione al proprio datore di lavoro. Il quale sarà tenuto a concederla, pena una sanzione amministrativa che va da 516 a 2.582 euro o, addirittura, fra i 2 e i 4 mesi di reclusione. Chiaramente, come avviene per i permessi retribuiti, l’esonero dal lavoro notturno prevede un tacito rapporto fiduciario fra dipendente e datore di lavoro, col primo tenuto a richiedere tale agevolazione esclusivamente al fine di prestare assistenza al proprio familiare. O comunque per ragioni connesse a tale situazione.
Come detto, il familiare in questione dovrà risultare fiscalmente a carico del parente che richiede l’esonero. Questo sulla base delle indicazioni stesse della Legge 104. Le disposizioni ministeriali, tuttavia, poggiano anche sulla circolare n. 90/2007 dell’Inps, nella quale l’Istituto precisava come l’assistenza prestata non debba necessariamente essere quotidiana ma quantomeno sistematica, nonché adeguate alle reali esigenze della persona con disabilità grave. La richiesta di esonero dal lavoro notturno, in pratica, è limitata esclusivamente a tali soggetti.
Si tratta, comunque, di un principio di non obbligatorietà. Qualora il lavoratore fosse intenzionato a proseguire nella propria attività anche nei turni notturni, potrà farlo. Fermo restando che, per altre categorie, figurano delle condizioni di divieto. La Legge stabilisce infatti l’esonero obbligatorio dal lavoro notturno (fra le 24 e le 6 del mattino) per le donne in gravidanza, nello specifico nel periodo che intercorre fra l’accertamento e il compimento di un anno d’età del bambino.
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