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Economia

Invalidità e inabilità, pensioni diverse: le differenze decisive

Published by
Damiano Mattana

Quali differenze sussistono tra Pensione di inabilità e Assegno ordinario di invalidità? La prima va individuata nel significato stesso attribuito ai due termini.

L’assonanza dei termini e, in parte, la vicinanza dei significati, portano a commettere qualche errore quando si parla di indennità connesse a inabilità e invalidità.

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Nonostante si tratti sostanzialmente di concetti uniti da trattamenti previdenziali volti a sostenere i contribuenti in condizioni di disagio fisico o psichico, qualche differenza esiste, anche a livello di indennità concesse. Anche se spesso finiscono con l’essere confuse, le misure previste per inabili e invalidi hanno anche nomi differenti. Nello specifico, Pensione di inabilità, o di “invalidità civile”, e Assegno ordinario di invalidità. Prestazione, quest’ultima, erogata direttamente dall’Inps ai soggetti con inabilità totale e permanente, in stato di bisogno economico (reddito massimo di 17.050,42 euro) e agli invalidi parziali e minori. Basilare la condizione di residenza stabile in Italia.

Anche nel caso della pensione di inabilità è l’Inps l’ente regolatore. Con una differenza significativa rispetto alla forma e alla sostanza: il concetto di inabilità, infatti, fa riferimento alla compromissione delle capacità lavorative del singolo individuo e poggia su precise condizioni fissate dalla disciplina in materia. Entrambe le misure, a ogni modo, richiedono un’anzianità contributiva minima al fine dell’erogazione. La pensione di inabilità, nello specifico, è concessa a coloro che, impossibilitati o fortemente limitati, in modo permanente, allo svolgimento di un’attività lavorativa. I quali dovranno aver maturato almeno 5 anni di contribuzione, 3 dei quali nei 5 precedenti alla presentazione della domanda.

Pensione di inabilità e Assegno ordinario di invalidità: cosa cambia e quanto si prende

L’Assegno ordinario di invalidità è disciplinato dalla legge 222/1984 e fa riferimento a quei lavoratori limitati nello svolgimento delle proprie mansioni, con riduzione della capacità lavorativa fino a due terzi (66,6%). Restano comunque valide le condizioni di contribuzione, le medesime previste per la pensione di inabilità. Chiaramente, una divergenza è riscontrabile nei termini stessi che accompagnano le due indennità: l’inabilità al lavoro presuppone una sopraggiunta impossibilità, per aggravamento delle condizioni fisiche o mentali, di svolgere la propria mansione. L’invalidità, invece, non pregiudica di per sé la prosecuzione dell’attività lavorativa. Attenzione, perché una differenza marchiana è riscontrabile anche negli importi concessi. L’Assegno ordinario di invalidità, infatti, risulterà più basso rispetto alla Pensione di inabilità in quanto il calcolo sarà effettuato sui 15 anni di contribuzione maturata, senza possibilità (prevista invece nell’invalidità civile) di accedere al cosiddetto bonus contributivo.

Pensione di inabilità: gli importi 2023

L’Inps, con la circolare n. 135 del 22 dicembre 2022, ha reso noti gli importi della Pensione di inabilità per l’anno 2023. La base di partenza è la cifra di 313,91 euro, importo mensile erogato ai percettori che, oltre alle condizioni sanitarie comprovate da apposita commissione Inps, dimostreranno un limite di reddito non superiore a 17.920 euro. La somma erogata è dunque più alta rispetto al 2022 (292,55 euro). Il calcolo viene effettuato sulla contribuzione maturata, più un bonus contributivo previsto fino ai 60 anni di età.

Assegno ordinario di invalidità

Contrariamente alla Pensione di inabilità, tale misura è erogata in forma esclusiva dall’Inps, con calcolo derivante dai versamenti contributivi. L’importo può essere determinato sia con il sistema di calcolo misto (ossia bilanciato fra il metodo retributivo e contributivo) che totalmente con sistema contributivo per coloro che hanno iniziato la propria attività lavorativa in data successiva al 31 dicembre 1995. Va ricordato che, in caso di prosecuzione nel proprio lavoro, la maturazione di un reddito da esso derivante potrebbe contribuire alla rideterminazione del piano reddituale che garantisce l’accesso alla misura.

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