Un intervento significativo, quello dell’ABF, sul caso di una somma sottratta indebitamente tramite phishing bancario.
Il rapporto fra clienti e intermediari, perlopiù le banche, non sempre procede secondo le aspettative. Al di là dei possibili elementi di discordia, la risoluzione delle problematiche è fondamentale per riuscire a mantenere quel rapporto fiduciario sul quale poggia l’affidamento dei propri risparmi agli istituti di credito. Oltre che la stipula di eventuali altre forme di relazione (ad esempio prestiti).
Qualora le controversie andassero avanti a oltranza, potrebbero manifestarsi le condizioni per l’intervento dell’Arbitro Bancario Finanziario (ABF), ente che agisce come sistema alternativo alla giustizia civile, proprio per la risoluzione di eventuali problematiche incorse nel rapporto fra intermediari e clienti. Sempre comunque in materia di operazioni e servizi connotati al quadro bancario e finanziario. In sostanza, una sorta di equilibratore rispetto alle posizioni di contrasto delle due parti in causa. Gli effetti dell’intervento dell’ABF, nonostante il carattere di ufficialità, non costituiscono una risoluzione vincolante. Lo stesso ABF può decidere o meno se intervenire sulla base della documentazione prodotta dalle parti in causa, sia il ricorrente che l’intermediario, senza necessità di richiedere la presenza di un avvocato.
Un ente super partes che, a fronte della richiesta di intervento, pur non vincolando le parti avrà facoltà di rendere pubblico l’eventuale inadempimento delle proprie disposizioni. E questo per un periodo di 5 anni, peraltro in evidenza, sull’homepage del proprio sito internet, oltre che per 6 mesi sul portale web dell’intermediario inadempiente. In sostanza, richiedere l’intervento dell’ABF costituisce sì una soluzione più rapida (oltre che economica) rispetto all’ordinaria via legale ma, al tempo stesso, figura come un indicatore anche sulla possibile prosecuzione della controversia nell’ambito della giustizia ordinaria. In pratica, mancare di osservare le disposizioni dell’Arbitro Bancario Finanziario, non è mai una buona soluzione.
Un recente caso può essere considerato piuttosto esemplificativo rispetto ai margini di intervento dell’Arbitro Bancario Finanziario sui casi di controversia. Protagonista della vicenda, una correntista titolare di conto bancario e di carta di debito, emessa dall’intermediario (parte resistente nella contesa), la quale affermava la presenza di addebiti non riconosciuti per un importo totale di 4 mila euro. Cifra che, a detta della correntista, sarebbe risultata a seguito di un sms ricevuto da un mittente riconducibile al suddetto intermediario, nel quale si invitava la cliente a connettersi a un link ipertestuale. In sostanza, la correntista avrebbe riscontrato i presupposti di un possibile meccanismo di phishing, peraltro successivamente al click sul link in questione, dopo il quale si è rivolta direttamente all’intermediario per richiedere la restituzione delle spese che, a sua detta, erano state effettuate senza il suo consenso.
A sua volta, però, l’intermediario ha replicato, sostenendo di aver accertato l’esecuzione legittima delle operazioni, riscontrandone quindi la sostanziale regolarità. Terreno fertile per una controversia finita sul tavolo dell’ABF, presso il quale è stata prodotta, da parte dell’intermediario, la documentazione relativa all’enrollment della carta di pagamento della quale la correntista era titolare rispetto al sistema di autorizzazione inviato via sms. In pratica, l’utente terzo si sarebbe regolarmente autenticato in modalità SCA, tramite autorizzazione 3DS 2.0. Strumenti che, però, sarebbero stati forniti dalla stessa ricorrente, comunicando di fatto il proprio codice segreto per l’accesso ai fondi in giacenza. Evidenziando, in buona sostanza, la presenza di una “colpa grave” da parte della stessa ricorrente.
Una situazione piuttosto frequente vista la presenza in forma massiccia di link truffaldini riconducibili a tentativi di phishing. Strategie illecite che, qualora colpissero nel segno, finirebbero per generare contenziosi per il rientro in possesso delle somme sottratte indebitamente. Risulta per questo altrettanto significativo l’intervento dell’ABF che, evidenziando la non provata corretta procedura di autenticazione da parte dell’intermediario (riscontrando inoltre l’assenza della cosiddetta “autenticazione forte” su alcuni dei pagamenti contestati), ha disposto l’accoglienza dell’istanza di rimborso. Escludendo, però, il riconoscimento di un risarcimento per danno morale e di spese di assistenza difensiva. Con tanto di versamento a Bankitalia, da parte dell’intermediario, di un contributo pari a 200 euro per spese di procedura.
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