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Economia

IMU sulla seconda casa: quando, come e perché si paga

Published by
Damiano Mattana

Una recente sentenza della Corte Costituzionale ha indicato alcuni spiragli di esenzione sull’IMU relativa alla seconda. Stringendo però i controlli.

Leggi alla mano, l’IMU sulla seconda casa è l’unica che dovrà essere saldata in forma obbligatoria. A meno che il primo immobile di proprietà non rientri in particolari categorie catastali.

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Un quadro legislativo che fissa in modo piuttosto chiaro i confini fiscali, dalla tassazione all’esenzione. Circostanza, quest’ultima, che potrebbe verificarsi anche in merito all’imposta prevista sulla seconda casa, pur se a fronte di condizioni specifiche. E se il quadro normativo aveva fin qui chiarito poco, l’intervento della giurisprudenza ha fissato alcuni paletti essenziali, che mettono in evidenza la possibilità di fruire di un’esenzione sull’IMU relativa al secondo immobile di proprietà qualora questo figuri come sede della residenza anagrafica e risulti come dimora abituale di uno dei due coniugi. A stabilirlo, una sentenza della Corte Costituzione che, di fatto, apre uno spiraglio per coloro che già beneficiano del primo step di esonero previsti dalla Legge di Stabilità del 2014.

L’Imposta municipale propria (IMU) è stata quindi da tempo depennata rispetto al possesso di un primo immobile, destinato a uso residenziale e come dimora abituale. A patto che detta proprietà non figuri catastalmente come immobile di lusso. Per quanto riguarda la seconda casa, ossia le abitazioni considerate “secondarie” appartenenti al medesimo proprietario o comunque rientranti come bene patrimoniale del nucleo familiare di appartenenza, il versamento sarà obbligatorio. Le case in questione figurano nella categoria A dei gruppi catastali (eccezion fatta per la A10, destinata agli uffici e agli studi professionali) e vengono considerate tassabili proprio in quanto non beneficiarie delle agevolazioni concesse per l’abitazione principale. Questo, almeno, in termini generali.

IMU sulla seconda casa: quando si può beneficiare dell’esenzione

I paletti legislativi incontrano qualche spiraglio di fuga al maturare di particolari condizioni. Una recente sentenza della Corte Costituzionale, la numero 230 del 13 ottobre 2022, ha infatti indicato come illegittime le norme relative al diritto di esenzione dall’IMU esclusive per l’abitazione sede di residenza e dimora abituale dell’intero nucleo familiare. Il che, in modo abbastanza evidente, mette i coniugi in condizione di usufruire di una duplice pratica di esenzione semplicemente modificando la propria residenza anagrafica. Facendo sì, in pratica, che anche la seconda casa risulti come “prima” per uno dei due. In realtà, però, l’obiettivo della sentenza mira ad altri risultati. E, nondimeno, si propone di contrastare un’esenzione generalizzata sulle seconde case. Piuttosto, risulta un invito agli enti territoriali a intensificare le verifiche sul reale diritto delle famiglie con residenze diverse a non pagare l’IMU.

Le verifiche

In tal modo, la verifica dei requisiti per l’esonero andrà effettuata in modo individuale, anche nel caso in cui le coppie figurino come unite civilmente. È chiaro che, a fronte di un’esenzione riconosciuta, le condizioni di accesso al beneficio siano fissate in modo inequivocabile. Ad esempio, qualora uno dei due coniugi vivesse abitualmente in un’altra città per ragioni di lavoro, l’immobile utilizzato (se di proprietà) potrebbe potenzialmente figurare come dimora consuetudinaria. E, per questo, essere soggetta a esenzione IMU. Esattamente il passaggio che la sentenza della Corte Costituzionale ha modificato, estendendo le possibilità di esonero rispetto alle più stringenti normative precedenti, che concedevano l’esenzione su un immobile a scelta anche in presenza di dimora abituale.

Bollette e calcolo

Attenzione però, perché l’accesso all’esenzione sarà vincolata a verifiche approfondite circa la reale presenza abituale del proprietario nell’abitazione. In tal senso, saranno rilevanti i consumi indicati in bolletta. Stando a quanto stabilito dai giudici, infatti, “anche l’accesso ai dati relativi alla somministrazione di energia elettrica, di servizi idrici e del gas relativi agli immobili ubicati nel proprio territoriopossono figurare come elementi indicativi circa l’esistenza di una dimora abituale.

Ciò che non cambia è la responsabilità degli enti comunali nella verifica dei requisiti e le modalità di calcolo. A tal proposito, è necessario ricordare i vari parametri, che vanno dalla rendita catastale non rivalutate dell’immobile (reperibile nell’ultima dichiarazione dei redditi o sul sito dell’Agenzia del Territorio) alla rendita catastale delle eventuali pertinenze della seconda casa (sempre non rivalutata). Andrà poi moltiplicata l’aliquota vigente (quella base è all’8,6) per mille. La percentuale vigente, tuttavia, andrà verificata presso il proprio Comune, in quanto è possibile un’eventuale maggiorazione.

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