In attesa della possibile introduzione a regime, Quota 41 prende forma sulla base di alcune caratteristiche specifiche dei lavoratori.
La Legge di Bilancio ha disposto, per il 2023, una serie di misure volte a garantire sia il pensionamento in forma ordinaria e anticipata.
Fatta eccezione per Quota 103, secondo strumento sostitutivo di Quota 100 (dopo Quota 102), il Governo ha disposto rinnovi per tutte le modalità già previste dal meccanismo del 2022, da Ape Sociale a Opzione Donna, quest’ultima rivista in senso stringente rispetto alla precedente normativa di riferimento. Internamente al Governo, però, resta costante il pressing della Lega sull’introduzione a regime della cosiddetta Quota 41, ossia il pensionamento con 41 anni di contributi versati a prescindere dall’età anagrafica. Un’opzione fortemente sponsorizzata dal leader del Carroccio e ministro dei Trasporti, Matteo Salvini, che avrebbe incontrato peraltro il gradimento delle principali sigle sindacali. Nonostante resti un nodo, peraltro abbastanza intricato, sui costi che tale meccanismo andrebbe a significare per le casse statali.
In ballo, tuttavia, ci sarebbero non meno di 9 miliardi di euro. Perlopiù ottenuti dalla riduzione progressiva (nonché dalla futura cancellazione totale) del Reddito di Cittadinanza. Un giro complesso ma non del tutto campato in aria, che potrebbe da un lato garantire un’accelerazione sulle pensioni e, dall’altro, evitare di ricorrere a nuovo debito pubblico. Il tutto nell’ottica di una Quota 41 a regime per tutti i pensionandi, con deroghe particolari a seconda della mansione svolta ma col comune denominatore dei quarantuno anni di contributi versati. Prospettiva che, al momento, appare l’unica realmente in grado di portare le discussioni sulla riforma delle pensioni a un riscontro positivo. I sindacati, infatti, potrebbero non accettare una Quota 41 incentrata unicamente sul sistema di ricalcolo contributivo.
Sarebbe però un errore pensare alla Quota 41 come un meccanismo esclusivamente futuribile. La Legge di Bilancio 2023, infatti, ha inserito una sorta di meccanismo “ibrido”, che lascia di fatto intatto il diritto al pensionamento secondo le logiche del sistema contributivo di riferimento per i lavoratori cosiddetti precoci. Tuttora, chi possiede 12 mesi di contributi per aver svolto periodi di lavoro prima del compimento dei 19 anni di età, e che figura fra i soggetti ammessi alla pensione agevolata, potrà accedere al meccanismo. Il quale, nello specifico, permette di fruire del cosiddetto prepensionamento agevolato, introdotto con la Legge di Bilancio del 2017.
Di fatto, la Quota 41 per i lavoratori precoci che rientrano anche in una delle categorie previste per l’accesso all’Ape Sociale. Fra queste, figurano anche i cosiddetti caregiver e i lavoratori (dipendenti e autonomi) con riduzione della capacità lavorativa per presenza di invalidità pari o superiore al 74%. Chi rientra in tali categorie, dovrà procedere alla richiesta all’Inps per il riconoscimento del diritto, da presentare entro il 30 novembre.
Discorso a parte per chi svolge mansioni considerate gravose o usuranti. Per costoro, infatti, vigono le regole legislative relative alla 232/2016. Gli interessanti sono tutti coloro che hanno svolto o svolgono lavori difficoltosi o potenzialmente rischiosi per incolumità e salute a partire dall’1 maggio 2017. Negli ultimi anni, il bacino di tali professioni è stato notevolmente ampliato rispetto alle undici voci del 2017. Nel 2018, sono state aggiunte quattro ulteriori mansioni, per un totale di 15 che, a seconda delle caratteristiche specifiche, potranno accedere alla pensione anticipata con il versamento di 41 anni di contributi, a prescindere dall’età. Un ulteriore ritocco è arrivato nel 2022, con l’allegato n. 3 alla legge 234/2021: 23 categorie professionali, le prime 15 delle quali godono della pensione anticipata per il lavoro precoce, mentre le restanti dell’Ape Sociale.
Qualora l’attività fosse stata svolta per almeno sei anni negli ultimi sette o per almeno sette negli ultimi dieci pre-pensionamento, il lavoratore potrà accedere alla pensione con 36 anni di versamento. In questo caso, però, subentrerà il requisito dell’anagrafica, ossia 63 anni, col relativo scalone prima della pensione ordinaria. Novità recenti per gli operai edili e per coloro che operano presso impianti per la formatura di articoli in ceramica e terracotta: per loro, la contribuzione prevista sarà di 32 anni anziché di 36. Per quanto riguarda le lavoratrici, invece, dall’1 gennaio 2018 il requisito contributivo è ridotto di un anno per ogni figlio, fino a un massimo di due anni.
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