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Economia

Novità Opzione donna 2023: modifiche e penalizzazioni per le lavoratrici

Published by
Floriana Vitiello

Con l’approvazione della Legge di bilancio sono state introdotte novità alla misura Opzione donna 2023.

Così come preannunciato in sede di campagna elettorale, dalle forze politiche di centro-destra, anche nel 2023 sarà possibile accedere alla misura di pensionamento anticipato Opzione donna.

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Tuttavia, com’era prevedibile, la proroga è caratterizzata da novità e modifiche da conoscere.

A quanto pare la pensione anticipata riservata alle lavoratrici interesserà solo 5000 persone. Ma facciamo chiarezza.

Novità Opzione donna 2023: come accedere alla misura

Durante la campagna elettorale che ha portato alle elezioni del 25 settembre 2022, le forze politiche di centro-destra, in particolar modo Giorgia Meloni, avevano preannunciato l’intenzione di prorogare la misura di pensionamento anticipato per le lavoratrici.

All’indomani dell’approvazione della Legge di bilancio 2023, possiamo confermare che il Governo Meloni ha mantenuto la sua promessa.

Tuttavia, sebbene Opzione donna sia stata prorogata anche per il 2023 non sono mancate modifiche, con effetto penalizzante per le lavoratrici in odore di pensione.

Il sistema è in vigore, in forma sperimentale, dal 2004 e permette di accedere anticipatamente alla pensione, alle lavoratrici che entro il 2021 hanno maturato i seguenti requisiti:

  • 58 anni di età per le lavoratrici dipendenti;
  • 59 anni di età per le lavoratrici autonome;
  • 35 anni di versamenti contributivi.

È inoltre prevista una finestra di attesa dalla decorrenza del trattamento della durata di 12 mesi per le lavoratrici dipendenti e di 18 mesi per le autonome.

In base alla normativa che disciplina Opzione donna, l’assegno pensionistico sarà calcolato interamente con il metodo di calcolo contributivo.

Si tratta, purtroppo, di un sistema decisamente più penalizzante sotto l’aspetto economico, rispetto a quello misto.

Requisiti più stringenti

La proroga di Opzione donna per il 2023 consente di accedere a questa misura di pensionamento anticipato solo alle lavoratrici che si trovano in condizioni svantaggiose.

In sostanza, potranno beneficiare della misura anticipata le lavoratrici:

  • licenziate o dipendenti di aziende con tavolo di crisi aperto presso il Ministero;
  • affette da disabilità pari o superiore al 74%;
  • caregiver che assistono, da almeno sei mesi, familiari conviventi affetti da disabilità, titolari di legge 104.

Stando alle novità introdotte dalla Legge di bilancio, l’età di accesso a Opzione donna sale a 60 anni sia per le lavoratrici dipendenti che per le autonome. Tuttavia, la disciplina intende favorire le donne con figli proponendo un anticipo di un anno per ogni figlio, entro un massimo di due.

In sostanza, le donne che hanno due o più figli oppure le lavoratrici licenziate o dipendenti di aziende con tavolo di crisi potranno accedere alla misura al raggiungimento di 58 anni di età, con 35 di contributi.

Se, invece, la lavoratrice ha avuto un solo figlio, dovrà attendere il compimento del 59° anno d’età per accedere alla misura.

Come funziona il sistema di calcolo contributivo

Come abbiamo visto Opzione donna è stata prorogata anche per il 2023, ma con l’aggiunta di modifiche.

Fermo restando che, sin dalla sua introduzione, l’assegno pensionistico viene calcolato con il sistema contributivo.

Questo metodo di calcolo è decisamente più penalizzante sotto l’aspetto economico, rispetto al metodo misto.

Di fatto il metodo contributivo è stato introdotto dalla riforma Dini e ha avuto effetto a partire dal 1 gennaio 1996.

Si tratta di un sistema che prevede di calcolare l’assegno pensionistico solo e unicamente in base al montante contributivo, ovvero alla somma dei contributi versati nell’arco della carriera del lavoratore.

Prima di tale data, i lavoratori potevano accedere alla pensione usufruendo del metodo retributivo, che faceva riferimento alle ultime retribuzioni percepite.

In sostanza, con il sistema di calcolo contributivo, il lavoratore accumula i suoi contributi come se fosse una sorta di conto corrente virtuale, versando una percentuale della sua retribuzione, che corrisponde al:

  • 33% per i dipendenti;
  • 24% per gli autonomi;
  • 25 o 33% per i lavoratori iscritti alla gestione separata.

I contributi versati dai lavoratori subiscono una rivalutazione annuale in base all’evoluzione del PIL. Nello specifico, la rivalutazione tiene conto della media quinquennale del prodotto interno lordo nazionale. Ci stiamo riferendo al cosiddetto tasso di capitalizzazione.

Al termine dell’attività lavorativa, il montante contributivo sarà pari ai contributi versati, rivalutati sulla base del suddetto tasso.

Tale valore sarà poi convertito in assegno di pensione tramite l’utilizzo di una serie di coefficienti di trasformazione. Questi prendono in considerazione alcuni fattori, come l’età del pensionato.

Per questo motivo, più si anticipa l’uscita dal lavoro e minore sarà il coefficiente applicato. Al contrario, più si ritarda l’uscita dal lavoro e maggiore sarà il coefficiente di trasformazione applicato al montante contributivo.

In parole povere: anticipando l’età del pensionamento si percepisce un assegno di pensione più basso.

Questo sistema è indubbiamente penalizzante per tutte le misure di pensionamento anticipato, attualmente disponibili. Dunque, anche le lavoratrici che intendono accedere a Opzione donna dovranno valutare se questa scelta conviene dal punto di vista economico.

Novità Opzione donna 2023: vantaggi e svantaggi

Per le lavoratrici che intendono accedere a Opzione donna 2023 vi è una novità, inserita nella Legge di Bilancio 2023. Ci stiamo riferendo alla possibilità di beneficiare di uno o due anni di anticipo in base al numero di figli.

Dunque, Opzione donna 2023 indubbiamente favorisce le lavoratrici madri.

Tuttavia, l’opzione comporta l’applicazione solo del metodo di calcolo contributivo. Senza dimenticare che accedendo ad Opzione donna si perde il diritto all’integrazione al minimo della pensione e la retribuzione viene assoggettata al massimale della base pensionabile e contributiva indicata nell’articolo 1 co. 18 della legge n. 335/1995.

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