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Economia

Pensione, alla ricerca dei contributi perduti per lasciare il lavoro

Published by
Valentina Trogu

Se non si hanno i contributi minimi necessari per andare in pensione si sarà costretti a continuare a lavorare oppure esistono delle alternative?

Scopriamo quali sono le possibilità da valutare per andare in pensione senza avere gli anni di contribuzioni richiesti dagli scivoli pensionistici.

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Una lunga carriera lavorativa senza interruzioni rimane un sogno per tante persone. Non tutti i cittadini hanno avuto l’opportunità di contare su un contratto a tempo indeterminato iniziando a lavorare subito dopo il diploma o la laurea. Può capitare, così, che si arrivi all’età anagrafica del pensionamento senza aver maturato i contributi minimi necessari per lasciare l’occupazione e godersi il riposo tanto ambito. Non bisogna disperare, ottenere la pensione è comunque possibile. Diverso il caso di persone che non hanno mai versato contributi ai fini pensionistici. Potranno contare solamente sulla Pensione di Cittadinanza, l’Assegno Sociale o su un Fondo per le casalinghe. Chi i contributi li ha ma non sufficienti ha varie strade da percorrere. Vediamo quali sono.

In pensione con pochi contributi, come fare

La prima possibilità da valutare richiede di continuare a lavorare fino ai 71 anni. Al compimento di quest’età, infatti, il lavoratore potrà accedere alla pensione di vecchiaia contributiva a condizione che abbia versato minimo cinque anni di contributi a partire dal 1996.

Una seconda strada fa riferimento alla Legge Dini e alla Legge d’Amato con le note tre deroghe. Queste permettono il pensionamento con 15 anni di contribuzione ossia cinque in meno rispetto ai venti richiesti dalla pensione di vecchiaia. La prima Opzione contributiva Dini si rivolge a chi ha versato tra i 15 e i 18 anni di contributi con almeno un anno maturato entro il 31 dicembre 1995 e cinque successivamente a tale data.

Ora approfondiamo le Leggi Amato. Sono preventivate tre possibilità.

Le tre Leggi Amato

La prima ipotesi di uscita riguarda i lavoratori che hanno maturato tutti i contributi (volontari, figurativi, obbligatori, da riscatto, da ricongiunzione) entro il 31 dicembre 1992. Condizione necessaria è l’iscrizione ad un Fondo pensioni lavoratori dipendenti o alle Gestioni Speciali INPS se lavoratori autonomi.

Il pensionamento è accettato, poi, per chi ha avuto accordata l’autorizzazione al versamento dei contributi volontari prima del 26 dicembre 1992 (tranne se lavoratori pubblici ed ex-Ipost). Infine, la terza Legge si rivolge a chi ha alle spalle 25 anni di contributi con almeno un contributo versato prima della domanda di pensione. Sono necessari 15 anni di contributi e dieci anni di lavoro svolto per periodi inferiori alle 52 settimane.

Un ultimo escamotage, la pensione di vecchiaia contributiva

Con la pensione di vecchiaia contributiva, come già visto, si può lasciare il lavoro con cinque anni di contributi maturati dal 1° gennaio 1996 e al compimento dei 71 anni. Cosa succede se alcuni contributi sono stati versati prima? Si potrà fruire del computo ossia del trasferimento dei contributi nella Gestione Separata dell’INPS. Occorrerà, però, rispettare delle condizioni.

Dovranno essere stati maturati almeno quindici anni di contributi. Un anno dovrà essere stato versato prima del 31 dicembre 1995 (non più di 18 anni) e si dovrà avere più di un mese di contributi pagato nella Gestione Separata.

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