In Ucraina vi sarebbe una sola alternativa per trovare il bandolo della matassa, la via bellica. Parola di Irina Scherbakova, la Nobel per la pace russa.
La soluzione diplomatica non sarebbe al momento percorribile, almeno fino a quando al Cremlino vi sarà seduto Putin.
Il conflitto scatenato da Putin in Ucraina prosegue e il mondo intero si domanda quando questa violenza avrà fine. Per venire a capo della guerra la sola alternativa concreta sarebbe proprio quella bellica. Questo il pensiero di Irina Scherbakova, la Nobel per la pace russa.
Nessun compromesso diplomatico potrà mettere la parola fine sulla scellerata guerra imbastita dal Cremlino in territorio ucraino. Ogni appello di pace sarà vano. Negoziati non ve ne saranno, questo almeno finché al comando della Russia vi sarà l’autocrate Putin.
Non adotta mezzi termini la confodatrice dell’organizzazione russa per i diritti umani Memorial.
Nella giornata di domenica in quel di Amburgo il cancelliere tedesco Olaf Scholz ha premiato ancora una volta la Scherbakova. In quest’occasione il premio Nobel ha definito, piuttosto severamente, alquanto puerili le invocazioni di pace spesso reiterate proprio in Germania.
Dal suo punto di vista, la sola alternativa è quella militare. La via diplomatica sarà percorribile solamente nel momento in cui gli ucraini riterranno di aver trionfato sul campo e potranno allora dettare le loro condizioni.
Una prospettiva che attenendosi all’opinione della pluripremiata storica russa, sarà nondimeno realizzabile esclusivamente quando Putin abbandonerà il comando (assoluto o quasi) della Federazione Russa.
La guerra scatenata da Putin in Ucraina ha marcato una sorta di punto di non ritorno, ha proseguito la Scherbakova. Il conflitto ha mutato ogni cosa.
Immediatamente dopo la proclamazione del premio Nobel per la pace, nel mese di ottobre dalla Russia è arrivato l’ordine di requisire la sede della storica ONG, istituita nel 1989 da Andrej Sacharov per fornire documenti e testimonianze dei reati nazisti e le violazioni contro i diritti umani. L’organizzazione, bollata dal Cremlino alla stregua di “agente straniero”, è stata pertanto resa fuorilegge in via ufficiale.
In condivisione con Memorial e il dissenziente bielorusso incarcerato, Ales Bialiatski, e con l’ONG ucraina Centre for Liberties, il Nobel per la pace conta le seguenti motivazioni: la lodevole abnegazione messa in campo
per documentare crimini di guerra, violazioni dei diritti umani e abuso di potere.
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